Red Hanuman
01-02-2015, 14:59
Einstein e il qubit: un test elegante
Utilizzando una coppia di ioni di calcio in stato di entanglement, un team di fisici di UC Berkeley è riuscito a riprodurre un analogo quantistico dell’esperimento di Michelson e Morley. Il risultato conferma, con una precisione senza precedenti, le basi della relatività ristretta
di Marco Malaspina
9877
Poiché la Terra ruota con un periodo di 24 ore, l’orientamento degli ioni del computer/detector quantistico, rispetto al sistema di riferimento inerziale del Sole, cambia di conseguenza. Ora, se lo spazio fosse stato più “schiacciato” in una direzione che in un’altra, i livelli energetici degli elettroni degli ioni avrebbero dovuto mostrare una variazione con un periodo di 12 ore. Crediti: Hartmut Haeffner, UC Berkeley
Due specchi e mezzo, una sorgente di luce e un supporto rotante. Questa, ridotta all’osso, la lista degli ingredienti di uno fra i più celebri esperimenti della storia della fisica: quello che nel 1887 permise ad Albert Michelson ed Edward Morley di scoprire che la velocità della luce è sempre la stessa quale che sia l’orientamento del sistema (http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Michelson-Morley), gettando così le basi per quella che nel 1905 sarebbe diventata, grazie a un altro fisico di nome Albert Einstein, la teoria della relatività ristretta. E che cos’era emerso di così rivoluzionario dall’esperimento di Michelson e Morley? Anzitutto, che non c’era alcun “etere luminifero” a fungere da mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche. Ma anche che lo spazio è isotropo, identico in tutte le direzioni.
Questo secondo risultato, alla base della cosiddetta invarianza di Lorentz, è fondamentale in fisica non solo per la teoria della relatività di Einstein ma anche, per esempio, per lo stesso Modello standard. Ebbene, ora la sua validità è stata nuovamente dimostrata – come riportato sulle pagine dell’ultimo numero di Nature – con un metodo indipendente e con una precisione senza precedenti: almeno fino a una parte su un miliardo di miliardi, ovvero 10 elevato alla 18, lo spazio non presenta “schiacciature”.
A verificarne a tal punto l’isotropia è stato un team di fisici di Berkeley. Anch’essi, come già Michelson e Morley oltre un secolo fa, si sono avvalsi del moto della Terra. Ma al posto dei fotoni e d’un interferometro hanno usato gli elettroni e uno tra i fenomeni più bizzarri della meccanica quantistica: l’entanglement. Anzitutto, hanno confinato con una trappola elettromagnetica, a 16 micrometri di distanza l’uno dall’altro, una coppia di ioni di calcio posti in modo che l’orientamento del sistema variasse con la rotazione terrestre. Poi, tramite una serie d’impulsi laser, ne hanno sollecitato gli elettroni – parzialmente in entaglement, spiegano, come il qubit d’un computer quantisitico – così da farli oscillare fra due configurazioni. Infine, hanno misurato per 23 ore la differenza tra i livelli d’energia delle due configurazioni. Risultato: nel corso dell’intero esperimento non hanno registrato (con una sensibilità, appunto, di una parte su 10 elevato alla 18) alcuna variazione, come invece ci si attenderebbe nel caso di una violazione dell’isotropia spaziale.
«Volevo realizzare quest’esperimento perché mi sembrava elegante, e perché pensavo che sarebbe stato interessante tentare d’utilizzare i nostri computer quantistici in un campo della fisica completamente diverso. Mai però avrei immaginato», dice ora uno degli autori dell’articolo, Hartmut Häffner, di UC Berkeley, «che saremmo riusciti a ottenere un risultato competitivo rispetto agli esperimenti in corso da parte di ricercatori del settore. È arrivato in modo del tutto inaspettato».
E c’è da credergli, visto che si tratta d’una misura cento volte più accurata di quelle ottenute dagli esperimenti precedenti con gli elettroni e cinque volte migliore anche di quelli che – come Michelson e Morley – utilizzano la luce. Avvalendosi d’altri tipi di ioni, poi, la precisione potrebbe ulteriormente aumentare, stimano gli autori, anche di diecimila volte.
«È la prima volta che usiamo uno strumento dell’informazione quantistica per eseguire un test sulle simmetrie fondamentali: quello che abbiamo realizzato è uno stato quantico immune al rumore prevalente, ma sensibile agli effetti della violazione della simmetria di Lorentz. Già il solo fatto che l’esperimento abbia funzionato ci ha sorpreso», ribadisce Häffner, «e quello che ora abbiamo a disposizione è un metodo nuovo, perfetto per effettuare misurazioni molto precise delle perturbazioni dello spazio».
Per saperne di più:
Leggi su Nature l’articolo “Michelson–Morley analogue for electrons using trapped ions to test Lorentz symmetry (http://www.nature.com/nature/journal/v517/n7536/full/nature14091.html)“, di T. Pruttivarasin, M. Ramm, S. G. Porsev, I. I. Tupitsyn, M. S. Safronova, M. A. Hohensee e H. Häffner
Articolo originale QUI (http://www.media.inaf.it/2015/01/29/qubit-spazio-isotropo/).
Utilizzando una coppia di ioni di calcio in stato di entanglement, un team di fisici di UC Berkeley è riuscito a riprodurre un analogo quantistico dell’esperimento di Michelson e Morley. Il risultato conferma, con una precisione senza precedenti, le basi della relatività ristretta
di Marco Malaspina
9877
Poiché la Terra ruota con un periodo di 24 ore, l’orientamento degli ioni del computer/detector quantistico, rispetto al sistema di riferimento inerziale del Sole, cambia di conseguenza. Ora, se lo spazio fosse stato più “schiacciato” in una direzione che in un’altra, i livelli energetici degli elettroni degli ioni avrebbero dovuto mostrare una variazione con un periodo di 12 ore. Crediti: Hartmut Haeffner, UC Berkeley
Due specchi e mezzo, una sorgente di luce e un supporto rotante. Questa, ridotta all’osso, la lista degli ingredienti di uno fra i più celebri esperimenti della storia della fisica: quello che nel 1887 permise ad Albert Michelson ed Edward Morley di scoprire che la velocità della luce è sempre la stessa quale che sia l’orientamento del sistema (http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Michelson-Morley), gettando così le basi per quella che nel 1905 sarebbe diventata, grazie a un altro fisico di nome Albert Einstein, la teoria della relatività ristretta. E che cos’era emerso di così rivoluzionario dall’esperimento di Michelson e Morley? Anzitutto, che non c’era alcun “etere luminifero” a fungere da mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche. Ma anche che lo spazio è isotropo, identico in tutte le direzioni.
Questo secondo risultato, alla base della cosiddetta invarianza di Lorentz, è fondamentale in fisica non solo per la teoria della relatività di Einstein ma anche, per esempio, per lo stesso Modello standard. Ebbene, ora la sua validità è stata nuovamente dimostrata – come riportato sulle pagine dell’ultimo numero di Nature – con un metodo indipendente e con una precisione senza precedenti: almeno fino a una parte su un miliardo di miliardi, ovvero 10 elevato alla 18, lo spazio non presenta “schiacciature”.
A verificarne a tal punto l’isotropia è stato un team di fisici di Berkeley. Anch’essi, come già Michelson e Morley oltre un secolo fa, si sono avvalsi del moto della Terra. Ma al posto dei fotoni e d’un interferometro hanno usato gli elettroni e uno tra i fenomeni più bizzarri della meccanica quantistica: l’entanglement. Anzitutto, hanno confinato con una trappola elettromagnetica, a 16 micrometri di distanza l’uno dall’altro, una coppia di ioni di calcio posti in modo che l’orientamento del sistema variasse con la rotazione terrestre. Poi, tramite una serie d’impulsi laser, ne hanno sollecitato gli elettroni – parzialmente in entaglement, spiegano, come il qubit d’un computer quantisitico – così da farli oscillare fra due configurazioni. Infine, hanno misurato per 23 ore la differenza tra i livelli d’energia delle due configurazioni. Risultato: nel corso dell’intero esperimento non hanno registrato (con una sensibilità, appunto, di una parte su 10 elevato alla 18) alcuna variazione, come invece ci si attenderebbe nel caso di una violazione dell’isotropia spaziale.
«Volevo realizzare quest’esperimento perché mi sembrava elegante, e perché pensavo che sarebbe stato interessante tentare d’utilizzare i nostri computer quantistici in un campo della fisica completamente diverso. Mai però avrei immaginato», dice ora uno degli autori dell’articolo, Hartmut Häffner, di UC Berkeley, «che saremmo riusciti a ottenere un risultato competitivo rispetto agli esperimenti in corso da parte di ricercatori del settore. È arrivato in modo del tutto inaspettato».
E c’è da credergli, visto che si tratta d’una misura cento volte più accurata di quelle ottenute dagli esperimenti precedenti con gli elettroni e cinque volte migliore anche di quelli che – come Michelson e Morley – utilizzano la luce. Avvalendosi d’altri tipi di ioni, poi, la precisione potrebbe ulteriormente aumentare, stimano gli autori, anche di diecimila volte.
«È la prima volta che usiamo uno strumento dell’informazione quantistica per eseguire un test sulle simmetrie fondamentali: quello che abbiamo realizzato è uno stato quantico immune al rumore prevalente, ma sensibile agli effetti della violazione della simmetria di Lorentz. Già il solo fatto che l’esperimento abbia funzionato ci ha sorpreso», ribadisce Häffner, «e quello che ora abbiamo a disposizione è un metodo nuovo, perfetto per effettuare misurazioni molto precise delle perturbazioni dello spazio».
Per saperne di più:
Leggi su Nature l’articolo “Michelson–Morley analogue for electrons using trapped ions to test Lorentz symmetry (http://www.nature.com/nature/journal/v517/n7536/full/nature14091.html)“, di T. Pruttivarasin, M. Ramm, S. G. Porsev, I. I. Tupitsyn, M. S. Safronova, M. A. Hohensee e H. Häffner
Articolo originale QUI (http://www.media.inaf.it/2015/01/29/qubit-spazio-isotropo/).