Valerio Ricciardi
22-11-2014, 23:25
Fonte:
http://www.lastampa.it/2014/09/16/tecnologia/sulla-luna-con-una-calcolatrice-gxfRl01bDief0pmOQeFVmN/pagina.html
Sulla Luna con una calcolatrice
I computer delle prime missioni spaziali erano fragili e poco potenti, oggi le navicelle sfruttano sempre più spesso tecnologie di uso comune, come pc portatili e touchscreen
16/09/2014
ANTONIO LO CAMPO
Una delle scene più celebri del film “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrik è il duro scontro uomo-macchina tra uno dei componenti dell’equipaggio dell’astronave e il grande calcolatore centrale Hal 9000. Uno scontro tale da costringere l’uomo a disattivare e smontare il computer disubbidiente. Ma quante volte anche il computer di casa si rifiuta di eseguire un’operazione, e non c’è altro da fare che disattivarlo o resettarlo? O va in crash il programma e ci tocca riavviarlo perdendo tutto il lavoro già fatto? Tutte cose capitate con i primi, sofisticati computer delle navicelle spaziali.
Quando Armstrong disattivò il computer del LEM
Ma le missioni spaziali non potrebbero esistere senza l’informatica, che è anima ed essenza principale delle grandi imprese di esplorazione del cosmo: dalle missioni con astronauti, dove computer sempre più sofisticati e potenti supportano donne e uomini impegnati nei viaggi spaziali, e a maggior ragione per le sonde automatiche, dove le distanze dal nostro pianeta sono tali, che veicoli spaziali rover e lander scesi su altri pianeti, non possono fare altro che “autogestirsi” con dei cervelli elettronici. Piccoli scontri uomo-macchina risalgono agli anni Sessanta e alle grandi imprese spaziali dell’epoca della conquista della Luna. E non potevano che iniziare quando i computer di bordo cominciarono ad avere una discreta capacità di memoria: eccezionale per l’epoca, anche se quasi nulla in confronto ai computer di oggi: “Il computer del nostro modulo lunare” - ci ha ricordato una volta Charles Duke, che guidò sulla Luna quello dell’Apollo 16 - “aveva una potenza di calcolo migliaia di volte inferiore al Blackberry che ho in tasca”. Come dire, meno ancora di una calcolatrice tascabile programmabile molto avanzata.
Spesso quel computer del LEM, il modulo lunare, si sovraccaricava di dati, soprattutto nelle fasi delicate della missione. E proprio durante il primo allunaggio, quello del modulo lunare dell’ Apollo 11, nel luglio 1969, Neil Armstrong e Buzz Aldrin ebbero i loro grattacapi con il computer di bordo, che fece scattare un allarme che segnalava un errore nell’elaborazione dei dati a causa del sovraccarico della memoria. Il computer non riusciva a calcolare i parametri dell’atterraggio e i sistemi di guida automatica di bordo stavano portando il LEM a scendere su un cratere pieno di massi e crepacci. Quindi Armstrong li disattivò, e con una manovra ardita portò manualmente il LEM su un punto sicuro e pianeggiante (ma con dispendio di carburante e con grande paura a Houston). Problemi al computer del LEM capitarono anche nella discesa lunare dell’Apollo 14 (febbraio 1971), quando solo la disattivazione del programma da parte di Edgar Mitchell, sostituito con uno nuovo impartito da terra dagli ingegneri del MIT, riuscì a salvare allunaggio e missione.
In seguito i calcolatori nelle missioni spaziali con astronauti diverranno sempre più affidabili, anche se qualche lancio dello Space Shuttle venne fermato negli ultimi secondi, spesso per problemi secondari che non avrebbero influito negativamente sulla partenza. Ma i computer della navetta spaziale, che prendevano in gestione totale e in modo autonomo tutte le fasi del lancio erano già molto più sofisticati, tanto che l’eventualità di un guasto era da considerare molto remota.
Gli elaboratori della Sojuz e dello Space Shuttle
Col passare del tempo, e soprattutto dagli anni Ottanta in poi, i computer dei veicoli spaziali diventano sempre più potenti. L’astronautica approfitta subito di queste opportunità, anche se i primi calcolatori di bordo dello Space Shuttle (cinque, più uno di riserva) sono pur sempre di tecnologia che risale all’inizio degli anni Settanta. Lo Shuttle inizialmente usa degli IBM Advanced System/4 Pi model Ap-101: fino a quel momento il massimo disponibile, con capacità di elaborazione 40 volte maggiore rispetto a quella dei razzi “Saturn V” delle imprese lunari Apollo, e capacità di memoria cinque volte maggiore e dimensioni tre volte minori. Un gran passo avanti.
Ma per una macchina complessa come lo Shuttle, formata da due milioni di componenti (centinaia delle quali critiche), ci voleva ben altro. E infatti tutte le navette della flotta, Columbia, Discovery, Atlantis e poi l’Endeavour che sostituì Challenger andato distrutto nel 1986, subiranno spesso degli aggiornamenti generali, dettati dalla necessità di rinnovare i sistemi informatici di bordo. In seguito, le navette della NASA vennero dotate di computer IBM modello 360 basati su processori Intel 8086 con sottosistemi di controllo video basati su microcontrollori RCA1802, collegati a monitor analogici posti nella cabina di pilotaggio, come oggi sugli aerei di linea. Nelle ultime versioni, fino al ritiro dai voli spaziali del 2011, la cabina di pilotaggio dello Shuttle era basata su cinque computer APA-101S ridondanti basati su processori 80386 d. I cinque calcolatori di bordo usavano, in totale, circa 2 MB di memoria RAM a nuclei magnetici che, diversamente dalla normale RAM integrata a transistor, è completamente immune alle radiazioni. I computer impiegavano il linguaggio di programmazione HAL/S. Durante le fasi critiche (lancio e atterraggio) i computer lavoravano in parallelo ed eseguivano gli stessi calcoli, ricevendo le stesse informazioni, sincronizzati 440 volte al secondo.
Anche le navicelle russe Sojuz, i cui voli sono iniziati nel 1967, hanno subito più volte cambiamenti “interni” dovuti ai miglioramenti e alle versioni sempre più avanzate dei sistemi elettronici e di navigazione automatica. Già dopo la prima, storica versione della Sojuz, ad inizio anni Ottanta la “Sojuz T” si presentava come la precedente, ma con l’introduzione della microelettronica nella strumentazione di bordo, con il vantaggio di recuperare spazio a bordo, e quindi di tornare ad ospitare tre cosmonauti anziché due. Anche il computer di bordo era innovativo, in grado di gestire autonomamente le manovre per il rendez-vous e l’aggancio con i laboratori orbitanti. Prima invece, il controllo era affidato alle stazioni di Terra, che indicavano ai cosmonauti tutte le manovre da effettuare. E si giunge fino versione attuale, la Sojuz Tm A, dotata di sistemi informatici e di navigazione ancor più perfezionati.
Il sistema informatico della Stazione Spaziale
Dagli anni Novanta è iniziata l’era delle stazioni spaziali. Inaugurata dalla stazione russa “Mir” e poi con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che oggi orbita a circa 400 chilometri dalla Terra. Un grande struttura, pesante 390 tonnellate, che non potrebbe funzionare senza un sofisticato apparato di elaborazione dati. La ISS è dotata di un centinaio di computer portatili IBM e Lenovo ThinkPad, modelli A31 e T61p. Ogni computer viene poi configurato per migliorare la sicurezza, per consentire il funzionamento in condizioni di relativa assenza di gravità e con alimentazione a 28 V. Tutti i laptop a bordo della Stazione sono collegati alla LAN della stazione tramite Wi-Fi e con la Terra con una velocità di 3 Mbps di trasmissione e 10 Mbps di ricezione, paragonabile alla velocità media di una connessione domestica ADSL. Nel maggio 2013, a tutti i laptop presenti sulla ISS, è stato sostituito il sistema operativo presente, passando da Windows XP alla versione Debian 6 di Linux: una scelta dettata dalla sicurezza, e affidabilità.
E nel frattempo, con l’avvento dei privati, ecco entrare in scena la navicella spaziale più avveniristica finora realizzata, la Dragon V2. La produce SpaceX di Elon Musk, più noto al grande pubblico per le vetture elettriche dell’altra sua azienda, la Tesla. Il veicolo spaziale sarà dotato dei computer più potenti e sofisticati oggi disponibili, in una cabina che permetterà di ospitare sette astronauti per un massimo di sette giorni, con un pannello di controllo formato da quattro schermi touchscreen riposizionabili dopo il lancio, e soli pochi comandi per il controllo manuale della capsula.
Se esternamente ricorda un po’ le vecchie e gloriose navicelle della corsa alla Luna, la Dragon (così come la nuova “Orion” della NASA) al suo interno è davvero la prima “Astronave del XXI Secolo”, come l’ha ribattezzata Musk.
http://www.lastampa.it/2014/09/16/tecnologia/sulla-luna-con-una-calcolatrice-gxfRl01bDief0pmOQeFVmN/pagina.html
Sulla Luna con una calcolatrice
I computer delle prime missioni spaziali erano fragili e poco potenti, oggi le navicelle sfruttano sempre più spesso tecnologie di uso comune, come pc portatili e touchscreen
16/09/2014
ANTONIO LO CAMPO
Una delle scene più celebri del film “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrik è il duro scontro uomo-macchina tra uno dei componenti dell’equipaggio dell’astronave e il grande calcolatore centrale Hal 9000. Uno scontro tale da costringere l’uomo a disattivare e smontare il computer disubbidiente. Ma quante volte anche il computer di casa si rifiuta di eseguire un’operazione, e non c’è altro da fare che disattivarlo o resettarlo? O va in crash il programma e ci tocca riavviarlo perdendo tutto il lavoro già fatto? Tutte cose capitate con i primi, sofisticati computer delle navicelle spaziali.
Quando Armstrong disattivò il computer del LEM
Ma le missioni spaziali non potrebbero esistere senza l’informatica, che è anima ed essenza principale delle grandi imprese di esplorazione del cosmo: dalle missioni con astronauti, dove computer sempre più sofisticati e potenti supportano donne e uomini impegnati nei viaggi spaziali, e a maggior ragione per le sonde automatiche, dove le distanze dal nostro pianeta sono tali, che veicoli spaziali rover e lander scesi su altri pianeti, non possono fare altro che “autogestirsi” con dei cervelli elettronici. Piccoli scontri uomo-macchina risalgono agli anni Sessanta e alle grandi imprese spaziali dell’epoca della conquista della Luna. E non potevano che iniziare quando i computer di bordo cominciarono ad avere una discreta capacità di memoria: eccezionale per l’epoca, anche se quasi nulla in confronto ai computer di oggi: “Il computer del nostro modulo lunare” - ci ha ricordato una volta Charles Duke, che guidò sulla Luna quello dell’Apollo 16 - “aveva una potenza di calcolo migliaia di volte inferiore al Blackberry che ho in tasca”. Come dire, meno ancora di una calcolatrice tascabile programmabile molto avanzata.
Spesso quel computer del LEM, il modulo lunare, si sovraccaricava di dati, soprattutto nelle fasi delicate della missione. E proprio durante il primo allunaggio, quello del modulo lunare dell’ Apollo 11, nel luglio 1969, Neil Armstrong e Buzz Aldrin ebbero i loro grattacapi con il computer di bordo, che fece scattare un allarme che segnalava un errore nell’elaborazione dei dati a causa del sovraccarico della memoria. Il computer non riusciva a calcolare i parametri dell’atterraggio e i sistemi di guida automatica di bordo stavano portando il LEM a scendere su un cratere pieno di massi e crepacci. Quindi Armstrong li disattivò, e con una manovra ardita portò manualmente il LEM su un punto sicuro e pianeggiante (ma con dispendio di carburante e con grande paura a Houston). Problemi al computer del LEM capitarono anche nella discesa lunare dell’Apollo 14 (febbraio 1971), quando solo la disattivazione del programma da parte di Edgar Mitchell, sostituito con uno nuovo impartito da terra dagli ingegneri del MIT, riuscì a salvare allunaggio e missione.
In seguito i calcolatori nelle missioni spaziali con astronauti diverranno sempre più affidabili, anche se qualche lancio dello Space Shuttle venne fermato negli ultimi secondi, spesso per problemi secondari che non avrebbero influito negativamente sulla partenza. Ma i computer della navetta spaziale, che prendevano in gestione totale e in modo autonomo tutte le fasi del lancio erano già molto più sofisticati, tanto che l’eventualità di un guasto era da considerare molto remota.
Gli elaboratori della Sojuz e dello Space Shuttle
Col passare del tempo, e soprattutto dagli anni Ottanta in poi, i computer dei veicoli spaziali diventano sempre più potenti. L’astronautica approfitta subito di queste opportunità, anche se i primi calcolatori di bordo dello Space Shuttle (cinque, più uno di riserva) sono pur sempre di tecnologia che risale all’inizio degli anni Settanta. Lo Shuttle inizialmente usa degli IBM Advanced System/4 Pi model Ap-101: fino a quel momento il massimo disponibile, con capacità di elaborazione 40 volte maggiore rispetto a quella dei razzi “Saturn V” delle imprese lunari Apollo, e capacità di memoria cinque volte maggiore e dimensioni tre volte minori. Un gran passo avanti.
Ma per una macchina complessa come lo Shuttle, formata da due milioni di componenti (centinaia delle quali critiche), ci voleva ben altro. E infatti tutte le navette della flotta, Columbia, Discovery, Atlantis e poi l’Endeavour che sostituì Challenger andato distrutto nel 1986, subiranno spesso degli aggiornamenti generali, dettati dalla necessità di rinnovare i sistemi informatici di bordo. In seguito, le navette della NASA vennero dotate di computer IBM modello 360 basati su processori Intel 8086 con sottosistemi di controllo video basati su microcontrollori RCA1802, collegati a monitor analogici posti nella cabina di pilotaggio, come oggi sugli aerei di linea. Nelle ultime versioni, fino al ritiro dai voli spaziali del 2011, la cabina di pilotaggio dello Shuttle era basata su cinque computer APA-101S ridondanti basati su processori 80386 d. I cinque calcolatori di bordo usavano, in totale, circa 2 MB di memoria RAM a nuclei magnetici che, diversamente dalla normale RAM integrata a transistor, è completamente immune alle radiazioni. I computer impiegavano il linguaggio di programmazione HAL/S. Durante le fasi critiche (lancio e atterraggio) i computer lavoravano in parallelo ed eseguivano gli stessi calcoli, ricevendo le stesse informazioni, sincronizzati 440 volte al secondo.
Anche le navicelle russe Sojuz, i cui voli sono iniziati nel 1967, hanno subito più volte cambiamenti “interni” dovuti ai miglioramenti e alle versioni sempre più avanzate dei sistemi elettronici e di navigazione automatica. Già dopo la prima, storica versione della Sojuz, ad inizio anni Ottanta la “Sojuz T” si presentava come la precedente, ma con l’introduzione della microelettronica nella strumentazione di bordo, con il vantaggio di recuperare spazio a bordo, e quindi di tornare ad ospitare tre cosmonauti anziché due. Anche il computer di bordo era innovativo, in grado di gestire autonomamente le manovre per il rendez-vous e l’aggancio con i laboratori orbitanti. Prima invece, il controllo era affidato alle stazioni di Terra, che indicavano ai cosmonauti tutte le manovre da effettuare. E si giunge fino versione attuale, la Sojuz Tm A, dotata di sistemi informatici e di navigazione ancor più perfezionati.
Il sistema informatico della Stazione Spaziale
Dagli anni Novanta è iniziata l’era delle stazioni spaziali. Inaugurata dalla stazione russa “Mir” e poi con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che oggi orbita a circa 400 chilometri dalla Terra. Un grande struttura, pesante 390 tonnellate, che non potrebbe funzionare senza un sofisticato apparato di elaborazione dati. La ISS è dotata di un centinaio di computer portatili IBM e Lenovo ThinkPad, modelli A31 e T61p. Ogni computer viene poi configurato per migliorare la sicurezza, per consentire il funzionamento in condizioni di relativa assenza di gravità e con alimentazione a 28 V. Tutti i laptop a bordo della Stazione sono collegati alla LAN della stazione tramite Wi-Fi e con la Terra con una velocità di 3 Mbps di trasmissione e 10 Mbps di ricezione, paragonabile alla velocità media di una connessione domestica ADSL. Nel maggio 2013, a tutti i laptop presenti sulla ISS, è stato sostituito il sistema operativo presente, passando da Windows XP alla versione Debian 6 di Linux: una scelta dettata dalla sicurezza, e affidabilità.
E nel frattempo, con l’avvento dei privati, ecco entrare in scena la navicella spaziale più avveniristica finora realizzata, la Dragon V2. La produce SpaceX di Elon Musk, più noto al grande pubblico per le vetture elettriche dell’altra sua azienda, la Tesla. Il veicolo spaziale sarà dotato dei computer più potenti e sofisticati oggi disponibili, in una cabina che permetterà di ospitare sette astronauti per un massimo di sette giorni, con un pannello di controllo formato da quattro schermi touchscreen riposizionabili dopo il lancio, e soli pochi comandi per il controllo manuale della capsula.
Se esternamente ricorda un po’ le vecchie e gloriose navicelle della corsa alla Luna, la Dragon (così come la nuova “Orion” della NASA) al suo interno è davvero la prima “Astronave del XXI Secolo”, come l’ha ribattezzata Musk.