Angelo_C
19-09-2020, 20:08
Premessa, la descrizione che segue, usa la nomenclatura della mappa UAI che trovate a questo link ► http://pianeti.uai.it/images/MappaUAI.jpg
Mentre leggete, se non siete “freschi” della geografia di Marte, tenetevela a fianco.
***
Approfittando del mio turno di riposo lavorativo e di una serata (quella del 18 settembre scorso) con seeing Antoniadi I stabile, decido di fare una comparativa generale (a due a due) con gli strumenti a mia disposizione nella postazione osservativa di Milano, target Marte.
I contendenti sono:
il lungo vintage, Milo model AE-72 76/1400 mm (SYW – Yamamoto), doppietto fraunhofer della seconda metà degli anni ’70 (ottiche Horiguchi) – limite di Dawes teorico 1,64”;
il corto moderno, A&M Advanced Telescopes 80/480 di quella che ora si chiama Officina Stellare, tripletto superapocromatico del 2005 (ottiche Lomo) – limite di Dawes teorico 1,33”;
il lungo vintage, Optical Newton 200/1650 mm, primario sferico e secondario da 30 mm (ostruzione 15%), databile tra la seconda metà degli anni ’50 e primi anni ’60 – limite di Dawes teorico 0,59";
il corto moderno Celestron C8 xlt, primario da 203 mm f/1,95 sferico, secondario sferico e lastra di Schmidt per un rapporto focale effettivo di f/10 (203/2030 mm), ottiche Synta – limite di Dawes teorico 0,58".
Visto che si tratta di un confronto tra strumenti, non userò filtri colorati che possono alterare il loro contrasto "originale".
Apparecchio tutto dopo il tramonto, metto l’apo e il C8 su una Giro3 con doppia morsa e i due vintage in parallelo (la montatura del vecchio newton non ha problemi di portata) e me ne esco con gli amici.
40264 40265 40266 40267
Torno intorno a mezzanotte (gli strumenti dovrebbero essere ben acclimatati) e parto con la verifica della collimazione (usando Mirfak che è bella alta), del newton vintage è collimabile solo il secondario, praticamente come il C8; il primo lo collimo (in non più di 15 secondi) “solo” a 275x poiché al focheggiatore da 23,2 mm (vecchio diametro da microscopia) sono riuscito ad adattargli solo il baader GO 6 mm, mentre il secondo a circa 580x (nagler zoom settato a 3,5 mm) con centriche ben definite e quasi ferme (se il seeing regge, su Marte si gode) :sbav:.
Controllo i due rifrattori velocemente (non avendoli presi a martellate ultimamente, sapevo già essere collimati), il lungo a 233x (baader GO 6 mm) e il corto a 240x (nagler zoom settato a 2 mm), tutto ok, si parte.
Se qualcuno si chiede come faccio a seguire ad alti ingrandimenti con un'altazimutale manuale, rispondo che (oltre ad aver bilanciato perfettamente il tutto) sono abituato con un dobson da 400 mm dall'84. ;)
Giusto per sfizio, visto che sono in zona, punto n’attimino sigma Cas, una doppia fatta a posta per i piccoli diametri i quali sono già ai massimi ingrandimenti con cui ho verificato la collimazione, primaria di mag 5, secondaria di mag 7,1 e separazione di 3”, in teoria dovrebbe essere facile, ma la loro luminosità sbilanciata complica le cose, per l’apo è stato un po più difficile separarle perché la secondaria cadeva nelle vicinanze del primo anello luminoso della primaria, “slavandomela” non poco, meno problemi per il 76 vintage, visto che la secondaria era un po’ più lontana dal primo anello e meglio “leggibile”.
Nessun problema con i due 200 mm, spazio nero chiaro e definito tra le due componenti.
Marte alle 00:15 circa è poco sopra i 30° di altezza (33,5° per la precisione), dalle parti del meridiano abbiamo grossomodo le aree di Mare Erythraeum, Eden e Niliacus Lacus; l’osservazione durerà fino a circa l’1:15 col pianeta che si alzerà fino ad oltre i 40° e il seeing che migliorerà ulteriormente.
Per non vedere “artificiosamente” con i più “piccoli” quello dovrei vedere con i più “grandi”, nelle osservazioni userò sempre questa sequenza, acro 76 vintage ► newton 200 vintage ► il tempo di passare all’altra montatura e puntare ► apo 80 ► C8; da qui in poi per semplicità li chiamerò, 76, 200, apo e C8.
Col 76 (che ha una correzione del colore specifica per dare il massimo contrasto su Marte) si vedono le formazioni di albedo maggiori, partendo dalla bianchissima calotta sud e scorrendo il meridiano (un po’ a est, un po’ a ovest), l’area beige chiaro di Noachis e Argyre, poi la parte più scura di Mare Erytraeum, ad est oltre il meridiano, riconosco con fatica la parte chiara che divide Pandorae da Sinus Sabaeus (per apprezzare meglio i deboli contrasti, sono sceso dai 233x del GO 6 mm a 187x con l’ottimo plössl 7,5 mm antares).
Scorrendo verso nord, il terreno si ri-schiarisce incontrando le aree di Chryse e Xanthe, fino ad incontrare le aree più scure di Niliacus Lacus e Mare acidalium.
Col 200 ovviamente cambia la musica (ricordo che a questi rapporti focali, la figura di uno specchio sferico è quasi indistinguibile da quella di una parabola), qui prendo il GO 6 mm, svito il barilotto e lo inserisco nel focheggiatore del newton (col suo adattatore auto costruito), non mi sono mai staccato dai 275x; ritornando sulla calotta, prima di arrivare all’area chiara di Noachis e Argyre, si scorge anche la zona intermedia del Mare Australe (la calotta è di estensione limitata), sul bordo ad ovest del Mare Erythraeum, si riesce a scorgere Solis Lacus e più a nord Tharsis, dalle parti dell’equatore si riescono a distinguere le zone che dividono le aree chiare di Xanthe e Tempe, queste formano appunto un arco scuro che da Mare Erythraeum si connette a Niliacus Lacus.
Il grande contrasto fornito dal 200, mi permette di scorgere la linea chiara di Achillis Pons che divide Niliacus Lacus dal Mare Acidalium.
Insomma dove vedevo un “tinta unita” col 76, col 200 quelle aree si sono divise un svariate tonalità.
Pausetta caffè per resettare il cervello.
Passo ai “corti”.
Nell’apo si vedono quasi le stesse cose viste nel 76, ma soprattutto nei dettagli al limite, con un po’ meno contrasto, ad esempio nel 76 seppur con difficoltà e al limite, la parte chiara che divide Pandorae da Sinus Sabaeus e Sinus Meridiani (ovvero l’area di Deucalionis Regio), con l’apo non c’è stato verso, la vedevo come un’area che semplicemente si schiariva progressivamente da nord verso sud.
In compenso con questo, sono riuscito giocando con gli ingrandimenti da 160x a 240x (sia sempre lodato il nagler zoom 2-4 è parafocale a tutti gli ingrandimenti e pulito ed inciso come un plössl), sono riuscito a scorgere praticamente sull’equatore, uno schiarimento tra SinusSabaeus/Sinus Maridiani (scuro) e la zona (beige) di Moab ed Eden, che con il 76 (a cui sono subito tornato a dare un’occhiata per verificare) non avevo scorto.
Posso imputare questa differenza, alla diversa correzione del colore dei due strumenti, i quali trasferiscono il contrasto in maniera diversa in base al colore, infatti ad esempio su Giove, la fascia equatoriale bianca (la EZ) nell’apo è più bianca rispetto al 76 e i festoni sono blu sull’apo e grigi sul 76.
Con il C8, inizialmente ho usato l'hyperion zoom, poi visto che i 254x li reggeva benissimo, ho continuato col waler zoom 5-8, dove l'ho utilizzato per la gran parte del tempo ad un ingrandimento simile a quello del 200 (circa 275/280x).
Come dicevo, nel C8 praticamente stessa storia che c’è tra apo e 76, il contrasto nello SCT è un po’ minore che nel 200, sostanzialmente si vedono quasi le stesse cose, ma i dettagli al limite nel 200, “scappano” nel C8, un esempio su tutti, la linea chiara di Achillis Pons che divide Niliacus Lacus dal Mare Acidalium nel 200 c’è, nel C8 no e mi restituisce un’unica area di tonalità simile.
Concludendo, quando il seeing decide di collaborare, il diametro comanda sempre ed è solo a parità di diametro o di diametri molto (ma molto) simili, allora l’ostruzione dice la sua, infatti tra il 200 e il C8, le differenze di dettaglio e di contrasto, me le sono dovute andare a cercare col lanternino e passando da un oculare all’altro, per la verifica dettaglio per dettaglio.
Stessa cosa con i due rifrattori, praticamente si vedevano le stesse cose, il 76 era oggettivamente più saturo (è veramente stato fatto per Marte), ma sostanzialmente sono alla pari, in uno non si vedeva uno specifico dettaglio, che nell’altro si vedeva e viceversa per uno specifico diverso dettaglio.
Una differenza percepibile tra i vintage lunghi e i corti moderni c’è ed è la facilità di messa a fuoco, sia nel 76 che nel 200, ho dovuto correggere il fuoco pochissime volte e più per necessità “psicologica” che effettiva.
Nell’apo e nel C8, la sensazione di una controllatina al fuoco era sempre presente e onestamente questo lo trovo “otticamente” normale, l’apo è un f/6 con uno snaptest univoco (c’è uno e un solo punto di fuoco), se non avessi la demoltiplica (e aggiungo, un focheggiatore come il FT), ci vuole nulla a superarlo; il C8 è nativamente un f/1,95 con l’equivalente di una barlow 5,1x, quindi ogni mm di corsa fisica dello specchio corrisponde a 5 mm abbondanti di spostamento del piano focale, quindi anche qui, “i conti tornano”.
Per il C8, visto che la molletta non mi piace, provvederò (grazie al mio amico munito di stampante 3D) a fargli fare un “super RD focuser (http://www.sidus.org/tecnicaDintorni/rdFocuser/rdfocuser.html)” da incastrare sulla manopola originale.
Ps.: Sinceri complimenti a chi è riuscito ad arrivare fino in fondo.
Mentre leggete, se non siete “freschi” della geografia di Marte, tenetevela a fianco.
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Approfittando del mio turno di riposo lavorativo e di una serata (quella del 18 settembre scorso) con seeing Antoniadi I stabile, decido di fare una comparativa generale (a due a due) con gli strumenti a mia disposizione nella postazione osservativa di Milano, target Marte.
I contendenti sono:
il lungo vintage, Milo model AE-72 76/1400 mm (SYW – Yamamoto), doppietto fraunhofer della seconda metà degli anni ’70 (ottiche Horiguchi) – limite di Dawes teorico 1,64”;
il corto moderno, A&M Advanced Telescopes 80/480 di quella che ora si chiama Officina Stellare, tripletto superapocromatico del 2005 (ottiche Lomo) – limite di Dawes teorico 1,33”;
il lungo vintage, Optical Newton 200/1650 mm, primario sferico e secondario da 30 mm (ostruzione 15%), databile tra la seconda metà degli anni ’50 e primi anni ’60 – limite di Dawes teorico 0,59";
il corto moderno Celestron C8 xlt, primario da 203 mm f/1,95 sferico, secondario sferico e lastra di Schmidt per un rapporto focale effettivo di f/10 (203/2030 mm), ottiche Synta – limite di Dawes teorico 0,58".
Visto che si tratta di un confronto tra strumenti, non userò filtri colorati che possono alterare il loro contrasto "originale".
Apparecchio tutto dopo il tramonto, metto l’apo e il C8 su una Giro3 con doppia morsa e i due vintage in parallelo (la montatura del vecchio newton non ha problemi di portata) e me ne esco con gli amici.
40264 40265 40266 40267
Torno intorno a mezzanotte (gli strumenti dovrebbero essere ben acclimatati) e parto con la verifica della collimazione (usando Mirfak che è bella alta), del newton vintage è collimabile solo il secondario, praticamente come il C8; il primo lo collimo (in non più di 15 secondi) “solo” a 275x poiché al focheggiatore da 23,2 mm (vecchio diametro da microscopia) sono riuscito ad adattargli solo il baader GO 6 mm, mentre il secondo a circa 580x (nagler zoom settato a 3,5 mm) con centriche ben definite e quasi ferme (se il seeing regge, su Marte si gode) :sbav:.
Controllo i due rifrattori velocemente (non avendoli presi a martellate ultimamente, sapevo già essere collimati), il lungo a 233x (baader GO 6 mm) e il corto a 240x (nagler zoom settato a 2 mm), tutto ok, si parte.
Se qualcuno si chiede come faccio a seguire ad alti ingrandimenti con un'altazimutale manuale, rispondo che (oltre ad aver bilanciato perfettamente il tutto) sono abituato con un dobson da 400 mm dall'84. ;)
Giusto per sfizio, visto che sono in zona, punto n’attimino sigma Cas, una doppia fatta a posta per i piccoli diametri i quali sono già ai massimi ingrandimenti con cui ho verificato la collimazione, primaria di mag 5, secondaria di mag 7,1 e separazione di 3”, in teoria dovrebbe essere facile, ma la loro luminosità sbilanciata complica le cose, per l’apo è stato un po più difficile separarle perché la secondaria cadeva nelle vicinanze del primo anello luminoso della primaria, “slavandomela” non poco, meno problemi per il 76 vintage, visto che la secondaria era un po’ più lontana dal primo anello e meglio “leggibile”.
Nessun problema con i due 200 mm, spazio nero chiaro e definito tra le due componenti.
Marte alle 00:15 circa è poco sopra i 30° di altezza (33,5° per la precisione), dalle parti del meridiano abbiamo grossomodo le aree di Mare Erythraeum, Eden e Niliacus Lacus; l’osservazione durerà fino a circa l’1:15 col pianeta che si alzerà fino ad oltre i 40° e il seeing che migliorerà ulteriormente.
Per non vedere “artificiosamente” con i più “piccoli” quello dovrei vedere con i più “grandi”, nelle osservazioni userò sempre questa sequenza, acro 76 vintage ► newton 200 vintage ► il tempo di passare all’altra montatura e puntare ► apo 80 ► C8; da qui in poi per semplicità li chiamerò, 76, 200, apo e C8.
Col 76 (che ha una correzione del colore specifica per dare il massimo contrasto su Marte) si vedono le formazioni di albedo maggiori, partendo dalla bianchissima calotta sud e scorrendo il meridiano (un po’ a est, un po’ a ovest), l’area beige chiaro di Noachis e Argyre, poi la parte più scura di Mare Erytraeum, ad est oltre il meridiano, riconosco con fatica la parte chiara che divide Pandorae da Sinus Sabaeus (per apprezzare meglio i deboli contrasti, sono sceso dai 233x del GO 6 mm a 187x con l’ottimo plössl 7,5 mm antares).
Scorrendo verso nord, il terreno si ri-schiarisce incontrando le aree di Chryse e Xanthe, fino ad incontrare le aree più scure di Niliacus Lacus e Mare acidalium.
Col 200 ovviamente cambia la musica (ricordo che a questi rapporti focali, la figura di uno specchio sferico è quasi indistinguibile da quella di una parabola), qui prendo il GO 6 mm, svito il barilotto e lo inserisco nel focheggiatore del newton (col suo adattatore auto costruito), non mi sono mai staccato dai 275x; ritornando sulla calotta, prima di arrivare all’area chiara di Noachis e Argyre, si scorge anche la zona intermedia del Mare Australe (la calotta è di estensione limitata), sul bordo ad ovest del Mare Erythraeum, si riesce a scorgere Solis Lacus e più a nord Tharsis, dalle parti dell’equatore si riescono a distinguere le zone che dividono le aree chiare di Xanthe e Tempe, queste formano appunto un arco scuro che da Mare Erythraeum si connette a Niliacus Lacus.
Il grande contrasto fornito dal 200, mi permette di scorgere la linea chiara di Achillis Pons che divide Niliacus Lacus dal Mare Acidalium.
Insomma dove vedevo un “tinta unita” col 76, col 200 quelle aree si sono divise un svariate tonalità.
Pausetta caffè per resettare il cervello.
Passo ai “corti”.
Nell’apo si vedono quasi le stesse cose viste nel 76, ma soprattutto nei dettagli al limite, con un po’ meno contrasto, ad esempio nel 76 seppur con difficoltà e al limite, la parte chiara che divide Pandorae da Sinus Sabaeus e Sinus Meridiani (ovvero l’area di Deucalionis Regio), con l’apo non c’è stato verso, la vedevo come un’area che semplicemente si schiariva progressivamente da nord verso sud.
In compenso con questo, sono riuscito giocando con gli ingrandimenti da 160x a 240x (sia sempre lodato il nagler zoom 2-4 è parafocale a tutti gli ingrandimenti e pulito ed inciso come un plössl), sono riuscito a scorgere praticamente sull’equatore, uno schiarimento tra SinusSabaeus/Sinus Maridiani (scuro) e la zona (beige) di Moab ed Eden, che con il 76 (a cui sono subito tornato a dare un’occhiata per verificare) non avevo scorto.
Posso imputare questa differenza, alla diversa correzione del colore dei due strumenti, i quali trasferiscono il contrasto in maniera diversa in base al colore, infatti ad esempio su Giove, la fascia equatoriale bianca (la EZ) nell’apo è più bianca rispetto al 76 e i festoni sono blu sull’apo e grigi sul 76.
Con il C8, inizialmente ho usato l'hyperion zoom, poi visto che i 254x li reggeva benissimo, ho continuato col waler zoom 5-8, dove l'ho utilizzato per la gran parte del tempo ad un ingrandimento simile a quello del 200 (circa 275/280x).
Come dicevo, nel C8 praticamente stessa storia che c’è tra apo e 76, il contrasto nello SCT è un po’ minore che nel 200, sostanzialmente si vedono quasi le stesse cose, ma i dettagli al limite nel 200, “scappano” nel C8, un esempio su tutti, la linea chiara di Achillis Pons che divide Niliacus Lacus dal Mare Acidalium nel 200 c’è, nel C8 no e mi restituisce un’unica area di tonalità simile.
Concludendo, quando il seeing decide di collaborare, il diametro comanda sempre ed è solo a parità di diametro o di diametri molto (ma molto) simili, allora l’ostruzione dice la sua, infatti tra il 200 e il C8, le differenze di dettaglio e di contrasto, me le sono dovute andare a cercare col lanternino e passando da un oculare all’altro, per la verifica dettaglio per dettaglio.
Stessa cosa con i due rifrattori, praticamente si vedevano le stesse cose, il 76 era oggettivamente più saturo (è veramente stato fatto per Marte), ma sostanzialmente sono alla pari, in uno non si vedeva uno specifico dettaglio, che nell’altro si vedeva e viceversa per uno specifico diverso dettaglio.
Una differenza percepibile tra i vintage lunghi e i corti moderni c’è ed è la facilità di messa a fuoco, sia nel 76 che nel 200, ho dovuto correggere il fuoco pochissime volte e più per necessità “psicologica” che effettiva.
Nell’apo e nel C8, la sensazione di una controllatina al fuoco era sempre presente e onestamente questo lo trovo “otticamente” normale, l’apo è un f/6 con uno snaptest univoco (c’è uno e un solo punto di fuoco), se non avessi la demoltiplica (e aggiungo, un focheggiatore come il FT), ci vuole nulla a superarlo; il C8 è nativamente un f/1,95 con l’equivalente di una barlow 5,1x, quindi ogni mm di corsa fisica dello specchio corrisponde a 5 mm abbondanti di spostamento del piano focale, quindi anche qui, “i conti tornano”.
Per il C8, visto che la molletta non mi piace, provvederò (grazie al mio amico munito di stampante 3D) a fargli fare un “super RD focuser (http://www.sidus.org/tecnicaDintorni/rdFocuser/rdfocuser.html)” da incastrare sulla manopola originale.
Ps.: Sinceri complimenti a chi è riuscito ad arrivare fino in fondo.