etruscastro
17-04-2013, 16:35
Da una recente domanda che mi è stata posta sul forum, inerente l’osservazione visuale degli oggetti astronomici, mi sono reso conto che molti utenti danno per scontato il fattore “magnitudine”, o forse più semplicemente hanno una visione molto semplicistica della cosa.
La domanda è stata:
come mai oggetti di mag. +13 a volte risultano essere più ostici da osservare in dettaglio di un’oggetto di mag. +14?
La maggior parte dei semplici appassionati dovrebbe conoscere molto bene la differenza tra magnitudine APPARENTE e magnitudine ASSOLUTA, credo però, che sia interessante approfondire anche la magnitudine INTEGRATA e la LUMINOSITA’ SUPERFICIALE.
Ripassando rapidamente i concetti di apparente e assoluta vediamo le differenze che le caratterizzano:
MAGNITUDINE APPARENTE
Tutti noi abbiamo a che fare con la magnitudine apparente, essa rappresenta la luminosità percepita dai nostri obiettivi (anche il nostro occhio e non solo strumenti astronomici), che fa si che noi vediamo una stella più luminosa di un’altra, questo fattore però non tiene conto di 2 parametri fondamentali:
1- La distanza dell’oggetto
2- Raggio-luminosità-temperatura dell’astro, dato che come ben sapete queste 3 grandezze sono indissolubilmente legate tra loro.
Il risultato finale, detta in maniera fin troppo semplicistica, è che una stella piccola e relativamente fredda possa sembrare più grande e luminosa di una gigante caldissima posta però ad una distanza molto maggiore.
MAGNITUDINE ASSOLUTA
Ai fini astronomici questo valore è di gran lunga più interessante, il valore si raggiunge ponendo ad una distanza “convenzionale” di 10 PARSEC (1 Parsec = 3.26 anni luce) tutti gli oggetti e calcolarne la relativa luminosità.
Per approfondire i metodi di calcolo il Prof. Zappalà ha scritto 2 ottimi articoli precisi e di facile assimilabilità:
1 (http://www.astronomia.com/2012/07/18/scopriamo-i-misteri-di-celestia-co/) e 2 (http://www.astronomia.com/2012/07/21/anche-locchio-vuole-la-sua-parte/)
entrambe però, sottendono il calcolo di una stella che, indipendentemente dal diametro e viste le distanze enormi che ci separano da essa, possa considerarsi a tutti gli effetti una sorgente di luce puntiforme, ma cosa accade per tutti quegli oggetti che hanno una dimensione angolare vasta e non ben definita come galassie, ammassi globulari o nebulose planetarie?
Bisogna ricorrere alla MAGNITUDINE INTEGRATA (M.I.) e alla LUMINOSITA’ SUPERFICIALE (L.S.).
La MAGNITUDINE INTEGRATA (il valore che troviamo a fianco degli oggetti deep sky nei cataloghi) ci dirà la luminosità totale dell’oggetto (ad esempio una galassia) come se fosse concentrata in un unico punto, in realtà la luminosità è diffusa in tutta l’estensione angolare dell’oggetto, ne consegue che il flusso luminoso (prima considerato puntiforme) è sparso su un’area ben maggiore ed esso altro non è che la somma di tante sorgenti puntiformi di luminosità maggiore, il problema, nell’elaborare le immagini, è che il nostro cervello non somma le immagini (come i moderni sensori CCD) ma vedrà sempre la luminosità sparsa su tutta la superficie, ed è qua che bisognerà considerare il valore di LUMINOSITA’ SUPERFICIALE.
Potrà sembrare un concetto poco intuitivo, ma gli astrofili avranno sicuramente constatato che nell’osservare una determinata galassia, ipotizziamo la “famosa” M33 della costellazione del Triangolo di M.I. +5.7, sarà più ostica che osservare l’altrettanta famosa M57 nella costellazione della Lira di M.I. +9.4, questo perché M33 copre un’estensione angolare superiore al diametro lunare, mentre M57 copre un campo del diametro di Giove.
Come possiamo fare per mettere in condizione l’astrofilo di capire quale oggetto sarà visibile al telescopio nella sua totalità?
Il calcolo è relativamente semplice, basta dividere la M.I. per la superficie angolare dell’oggetto e si ricava la LUMINOSITA’ SUPERFICIALE.
La luminosità superficiale si misura in magnitudini di secondi d’arco quadrato o in primi d’arco quadrato, la conversione approssimata ma utile sarà:
Mag. arcosecondo^2= Mag primo d’ arco^2 + 9
Mentre la formula generale per trovare la magnitudine superficiale (S) conoscendo l’area sempre in secondi d’arco quadrati (A) è la seguente:
S= m + 2.5 Log A
Il problema pratico che si incontra in questi calcoli matematici, è che l’equazione sarebbe veritiera per oggetti uniformemente vasti, come gli ammassi globulari o al massimo le nebulose planetarie, il discorso varia, e di molto invece, quando si parla di galassie, occorrerebbero complessi calcoli e l’uso di integrali pur non arrivando a dei valori effettivamente reali dato che la luminosità superficiale a volte è molto irregolare.
Per ovviare a questo problema, allego 2 tabelle del brillante Daniele Gasparri (http://www.danielegasparri.com/Italiano/index_ita.htm) che ci permetteranno di stimare la L.S. degli oggetti che vorremmo poi andare ad osservare:
D (')
CORREZIONE
D (')
CORREZIONE
D(')
CORREZIONE
2
10.1
13
14.2
24
15.5
3
11.0
14
14.4
25
15.6
4
11.6
15
14.5
26
15.7
5
12.1
16
14.6
27
15.8
6
12.5
17
14.8
28
15.9
7
12.9
18
14.9
29
15.9
8
13.1
19
15.0
30
16.0
9
13.4
20
15.1
31
16.1
10
13.6
21
15.2
32
16.2
11
13.8
22
15.3
34
16.3
12
14.0
23
15.4
36
16.4
in alto, la tabella per il calcolo della Luminosità Superficiale (L.S.) per gli ammassi globulari e nebulose planetarie.
Dalle dimensioni angolari D(') espressi in minuti d' arco, si aggiunge la Magnitudine Integrata (M.I.) e si trova la L.S.
es. M67 (http://it.wikipedia.org/wiki/M67_(astronomia)) : M.i. + D(') = L.S. = 6.1 + (30' valore di correzione 16) = 22.1 (L.S.)
DM
Dm
Correzione
DM
Dm
CORREZIONE
DM
Dm
CORREZIONE
2
1
9.4
10
3
12.3
20
5
13.6
3
2
10.6
10
4
12.6
20
7
14.0
4
2
10.9
10
6
13.1
20
10
14.4
4
3
11.3
10
8
13.4
20
15
14.8
5
2
11.1
12
3
12.5
22
5
13.7
5
3
11.6
12
4
12.8
22
8
14.2
5
4
11.9
12
6
13.3
22
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14.6
6
2
11.3
12
9
13.7
22
16
15.0
6
3
11.8
14
3
12.7
24
6
14.0
6
4
12.1
14
5
13.2
24
9
14.5
6
5
12.3
14
7
13.6
24
12
14.8
8
2
11.6
14
10
14.0
24
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15.2
8
3
12.1
16
4
13.1
27
7
14.3
8
4
12.4
16
6
13.6
27
10
14.7
8
6
12.8
16
8
13.9
27
15
15.1
9
2
11.8
16
12
14.3
27
21
15.5
9
3
12.2
18
5
13.5
30
6
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4
12.2
18
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18
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30
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15.2
9
7
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18
15
14.7
30
20
15.6
in alto, la tabella per il calcolo della Luminosità Superficiale delle galassie.
conoscendo le misure dell'asse minore (Dm) e dell'asse maggiore dell'ellissi (DM) si ottiene il valore di correzione.
es: NGC 891 (http://it.wikipedia.org/wiki/NGC_891) DM(13.5') + Dm(2.5') il valore di correzione è 12.7 = 12.7 + 10.8 = 23.5
per le galassie esiste anche un'altra formula più complicata ma più accurata:
V = VT + A + 2.5 log (a b) + 0.26
dove V è la L.S., VT la M.I., a e b sono l'asse maggiore e minore della galassia espressi in secondi d'arco.
A è una costante che dipende dal tipo di galassia, il valore è di 0.25 per le ellittiche e 0.13 per le lenticolari e 0.11 per le galassie a spirale!
La domanda è stata:
come mai oggetti di mag. +13 a volte risultano essere più ostici da osservare in dettaglio di un’oggetto di mag. +14?
La maggior parte dei semplici appassionati dovrebbe conoscere molto bene la differenza tra magnitudine APPARENTE e magnitudine ASSOLUTA, credo però, che sia interessante approfondire anche la magnitudine INTEGRATA e la LUMINOSITA’ SUPERFICIALE.
Ripassando rapidamente i concetti di apparente e assoluta vediamo le differenze che le caratterizzano:
MAGNITUDINE APPARENTE
Tutti noi abbiamo a che fare con la magnitudine apparente, essa rappresenta la luminosità percepita dai nostri obiettivi (anche il nostro occhio e non solo strumenti astronomici), che fa si che noi vediamo una stella più luminosa di un’altra, questo fattore però non tiene conto di 2 parametri fondamentali:
1- La distanza dell’oggetto
2- Raggio-luminosità-temperatura dell’astro, dato che come ben sapete queste 3 grandezze sono indissolubilmente legate tra loro.
Il risultato finale, detta in maniera fin troppo semplicistica, è che una stella piccola e relativamente fredda possa sembrare più grande e luminosa di una gigante caldissima posta però ad una distanza molto maggiore.
MAGNITUDINE ASSOLUTA
Ai fini astronomici questo valore è di gran lunga più interessante, il valore si raggiunge ponendo ad una distanza “convenzionale” di 10 PARSEC (1 Parsec = 3.26 anni luce) tutti gli oggetti e calcolarne la relativa luminosità.
Per approfondire i metodi di calcolo il Prof. Zappalà ha scritto 2 ottimi articoli precisi e di facile assimilabilità:
1 (http://www.astronomia.com/2012/07/18/scopriamo-i-misteri-di-celestia-co/) e 2 (http://www.astronomia.com/2012/07/21/anche-locchio-vuole-la-sua-parte/)
entrambe però, sottendono il calcolo di una stella che, indipendentemente dal diametro e viste le distanze enormi che ci separano da essa, possa considerarsi a tutti gli effetti una sorgente di luce puntiforme, ma cosa accade per tutti quegli oggetti che hanno una dimensione angolare vasta e non ben definita come galassie, ammassi globulari o nebulose planetarie?
Bisogna ricorrere alla MAGNITUDINE INTEGRATA (M.I.) e alla LUMINOSITA’ SUPERFICIALE (L.S.).
La MAGNITUDINE INTEGRATA (il valore che troviamo a fianco degli oggetti deep sky nei cataloghi) ci dirà la luminosità totale dell’oggetto (ad esempio una galassia) come se fosse concentrata in un unico punto, in realtà la luminosità è diffusa in tutta l’estensione angolare dell’oggetto, ne consegue che il flusso luminoso (prima considerato puntiforme) è sparso su un’area ben maggiore ed esso altro non è che la somma di tante sorgenti puntiformi di luminosità maggiore, il problema, nell’elaborare le immagini, è che il nostro cervello non somma le immagini (come i moderni sensori CCD) ma vedrà sempre la luminosità sparsa su tutta la superficie, ed è qua che bisognerà considerare il valore di LUMINOSITA’ SUPERFICIALE.
Potrà sembrare un concetto poco intuitivo, ma gli astrofili avranno sicuramente constatato che nell’osservare una determinata galassia, ipotizziamo la “famosa” M33 della costellazione del Triangolo di M.I. +5.7, sarà più ostica che osservare l’altrettanta famosa M57 nella costellazione della Lira di M.I. +9.4, questo perché M33 copre un’estensione angolare superiore al diametro lunare, mentre M57 copre un campo del diametro di Giove.
Come possiamo fare per mettere in condizione l’astrofilo di capire quale oggetto sarà visibile al telescopio nella sua totalità?
Il calcolo è relativamente semplice, basta dividere la M.I. per la superficie angolare dell’oggetto e si ricava la LUMINOSITA’ SUPERFICIALE.
La luminosità superficiale si misura in magnitudini di secondi d’arco quadrato o in primi d’arco quadrato, la conversione approssimata ma utile sarà:
Mag. arcosecondo^2= Mag primo d’ arco^2 + 9
Mentre la formula generale per trovare la magnitudine superficiale (S) conoscendo l’area sempre in secondi d’arco quadrati (A) è la seguente:
S= m + 2.5 Log A
Il problema pratico che si incontra in questi calcoli matematici, è che l’equazione sarebbe veritiera per oggetti uniformemente vasti, come gli ammassi globulari o al massimo le nebulose planetarie, il discorso varia, e di molto invece, quando si parla di galassie, occorrerebbero complessi calcoli e l’uso di integrali pur non arrivando a dei valori effettivamente reali dato che la luminosità superficiale a volte è molto irregolare.
Per ovviare a questo problema, allego 2 tabelle del brillante Daniele Gasparri (http://www.danielegasparri.com/Italiano/index_ita.htm) che ci permetteranno di stimare la L.S. degli oggetti che vorremmo poi andare ad osservare:
D (')
CORREZIONE
D (')
CORREZIONE
D(')
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2
10.1
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15.4
36
16.4
in alto, la tabella per il calcolo della Luminosità Superficiale (L.S.) per gli ammassi globulari e nebulose planetarie.
Dalle dimensioni angolari D(') espressi in minuti d' arco, si aggiunge la Magnitudine Integrata (M.I.) e si trova la L.S.
es. M67 (http://it.wikipedia.org/wiki/M67_(astronomia)) : M.i. + D(') = L.S. = 6.1 + (30' valore di correzione 16) = 22.1 (L.S.)
DM
Dm
Correzione
DM
Dm
CORREZIONE
DM
Dm
CORREZIONE
2
1
9.4
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3
12.3
20
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13.6
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10.6
10
4
12.6
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13.1
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15.6
in alto, la tabella per il calcolo della Luminosità Superficiale delle galassie.
conoscendo le misure dell'asse minore (Dm) e dell'asse maggiore dell'ellissi (DM) si ottiene il valore di correzione.
es: NGC 891 (http://it.wikipedia.org/wiki/NGC_891) DM(13.5') + Dm(2.5') il valore di correzione è 12.7 = 12.7 + 10.8 = 23.5
per le galassie esiste anche un'altra formula più complicata ma più accurata:
V = VT + A + 2.5 log (a b) + 0.26
dove V è la L.S., VT la M.I., a e b sono l'asse maggiore e minore della galassia espressi in secondi d'arco.
A è una costante che dipende dal tipo di galassia, il valore è di 0.25 per le ellittiche e 0.13 per le lenticolari e 0.11 per le galassie a spirale!