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Visualizza Versione Completa : Rilevazione visuale vs fotografica.



Maurizio_39
19-04-2018, 21:25
Amici cari,
ho riflettuto a lungo prima di proporre questo argomento di discussione per timore di urtare la suscettibilità di qualcuno ma, avendo constatato che molti di quelli che si avvicinano a questo hobby hanno idèe confuse su di esso, penso che sia cosa utile farlo.
La discussione è rivolta ovviamente a chi ritiene di non conoscere queste cose a fondo.

Ora, dai molti dubbi che leggo sul Forum, rilevo talvolta una certa confusione su questo argomento.
Si discute spesso sui limiti di uno strumento imposti dalla dimensione dell’obiettivo, o meglio della sua pupilla d’entrata, facendo riferimento sicuramente alla relazione che lega la magnitudo al flusso integrale della radiazione raccolta (Pogson) e, quindi, alla superficie ricevente.
Nasce così la nozione che uno strumento con pupilla 200 mm, circa 29 volte maggiore dell’occhio (7 mm), catturando circa 840 volte la radiazione di questo, permette di raggiungere 7.3 magnitudini in più di quella raggiunta dall’occhio, cioè magnitudo 13.3.

Questo è un “valore limite” a condizione che:
- L’occhio sia in ottime condizioni.
- Il seeing sia perfetto.
- La luminosità del cielo sia minima.
- L’oggetto interessato sia puntiforme e mantenga questa caratteristica anche dopo ingrandimento, cioè
impegni il minimo numero di elementi sensibili dell’occhio.
Ma, soprattutto, è un limite per l’occhio, che è uno strumento meraviglioso ma è condizionato (e sicuramente non è una sfortuna!) da una caratteristica: non è in grado di accumulare lo stimolo luminoso.

Quando invece consideriamo la capacità di rilevazione fotografica, e non importa che sia su emulsione chimica o su microchip, interviene la caratteristica di questi elementi di accumulare lo stimolo luminoso e, perciò, di riuscire ad intensificare quella soglia di luminosità che l’occhio non è più in grado di percepire, come l’orecchio e tutti gli altri sensi per i loro stimoli.
N.B. Il fatto che nel caso dell’emulsione esista un difetto di reciprocità (mancata linearità di risposta), è una caratteristica che riguarda il modo in cui lo stimolo viene registrato; è un problema di chimica! Tanto è vero che ogni emulsione si comporta in modo diverso e sono state trovate tecniche vòlte a ridurlo (ipersensibilizzazione, latensificazione, arrostimento, etc.).

Cosa si deve concludere allora? Che per la rilevazione fotografica non esistono limiti?
No. Esiste un limite anche per essa, ma è un limite “esterno”.
E’ l’inevitabile luminosità del cielo che lo impone.

Nelle migliori condizioni del cielo, si equipara la sua luminosità a quella di un disco stellare di dimensione 1 arcsec e di magnitudo 22. Se il disco avesse la dimensione angolare di 10 arcsec, e la sua magnitudo fosse 17, la stella risulterebbe ugualmente invisibile: la sua maggiore luminosità si distribuirebbe su un’area maggiore, pertanto si attenuerebbe riconfondendosi con quella del fondo cielo!
Questa condizione è quindi un limite assoluto, indipendente dal mezzo disponibile di rilevazione.

Un esempio per finire: Plutone.
La dimensione dell’oggetto è praticamente stellare per cui assumiamo 2” come dimensione angolare.
La magnitudine media è 14.5. che, distribuita su una superficie 4 volte superiore a quella corrispondente ad 1”, aumenta di 1.5 punti, quindi 16.
Risultato: in condizioni ottimali Plutone "deve" essere rilevabile; il tempo di integrazione necessario per renderlo evidente dipenderà dal flusso luminoso che riusciamo a convogliare sul sensore nell’unità di tempo, cioè dalla superficie della pupilla d’entrata.
In effetti questo vale fintantoché l’immagine generata coinvolge ancora un solo elemento del sensore (grano di emulsione o pixel); se la focale del sistema, ingrandendo l’immagine formata sul sensore, inizia a spalmarla su più elementi, il tempo aumenta di conseguenza a causa della diluizione dell’energia captata su un maggior numero di punti.
In tale caso, che rappresenta probabilmente la situazione più frequente, il tempo di integrazione risulta dipendente non dalla sola apertura D ma dal rapporto di apertura F/D, o meglio è proporzionale al suo quadrato.
Spero di essere stato sempre nel giusto e di non aver creato ulteriore confusione nelle idèe di alcuni.
Cieli bui e sereni a tutti.

blackstrat
19-04-2018, 21:58
Interessante spunto di discussione, e non vedo perchè dovrebbe urtare la sensibilità di qualcuno.:weeabooface:

Secondo me la parte fondamentale che dovrebbero focalizzare

quelli che si avvicinano a questo hobby e hanno idèe confuse su di esso

è la seguente:



Ma, soprattutto, è un limite per l’occhio, che è uno strumento meraviglioso ma è condizionato (e sicuramente non è una sfortuna!) da una caratteristica: non è in grado di accumulare lo stimolo luminoso.

Quando invece consideriamo la capacità di rilevazione fotografica, e non importa che sia su emulsione chimica o su microchip, interviene la caratteristica di questi elementi di accumulare lo stimolo luminoso e, perciò, di riuscire ad intensificare quella soglia di luminosità che l’occhio non è più in grado di percepire, come l’orecchio e tutti gli altri sensi per i loro stimoli.


Molti, e mi ci metto pure io quando per la prima volta iniziai a interessarmi di telescopi e montature, osservando le fotografie di nebulose e galassie, maturano la convizione che quelle che osservano siano immagini in tempo reale, come è "in tempo reale" l'immagine che si osserva quando si inquadra una piazza con una reflex e si avvicina l'occhio al mirino ottico.
Per cui basta comprare un telescopio qualsiasi, puntare il cielo e osservare facilmente bracci di galassie a spirale, "teste di cavallo" e nebulose colorate di rosso, verde e giallo.
Poi lo comprano, puntano il cielo e rimangono così: :confused: :confused: :confused:


Ovviamente la rilevazione fotografica presenta dei limiti teorici legati a F/D e al modo in cui il flusso luminoso si distribuisce sul sensore che hai ben descritto, ma ne presenta anche molti altri di natura prettamente pratica dovuti alla rumorosità intrinseca del sensore, alla presenza o meno di un sistema di raffreddamento, al sistema di guida, alla stabilità della montatura, e naturalmente alla capacità del singolo di utilizzare il tutto in maniera proficua....non ultima, la capacità di rielaborare in fase di post-produzione i dati acquisiti sul campo (Photoshop, DeepSkyStacker, ecc...).

Maurizio_39
19-04-2018, 22:52
Hai perfettamente ragione ma, per evitare eccessive preoccupazioni, ho cercato di evitare di citare tutti quei particolari aggiuntivi che hai citato, considerando tutto il resto in ordine.
Logicamente bisognerebbe citare anche la corretta messa a fuoco, lo stato dello specchi, se si usa un riflettore, l'allineamento del sistema ottico e,come fai giustamente rilevare, l'esperienza ed il trattamento successivo di calibrazione, intensificazione, convoluzione etc. dell'imagine ottenuta.
Quella è la base, il resto...è ancora tanto!;)

Maurizio_39
19-04-2018, 23:02
Molti, e mi ci metto pure io quando per la prima volta...
Penso che ci dobbiamo mettere tutti!;)

blackstrat
20-04-2018, 14:01
Hai perfettamente ragione ma, per evitare eccessive preoccupazioni, ho cercato di evitare di citare tutti quei particolari aggiuntivi che hai citato, considerando tutto il resto in ordine.
Logicamente bisognerebbe citare anche la corretta messa a fuoco, lo stato dello specchi, se si usa un riflettore, l'allineamento del sistema ottico e,come fai giustamente rilevare, l'esperienza ed il trattamento successivo di calibrazione, intensificazione, convoluzione etc. dell'imagine ottenuta.
Quella è la base, il resto...è ancora tanto!;)

Io mi sono permesso di cirtarli, perchè se il primo punto che il neofita deve focalizzare è che i nostri occhi non sono in grado di accumulare fotoni come una macchina fotografica (non possiamo impostare un tempo di posa di 5 minuti sulla nostra retina), il secondo è che la differenza tra una buona foto e una foto pessima la fanno sia la strumentazione, con prestazioni direttamente proporzionali al costo, sia le capacità teorico-pratiche del singolo astrofilo, non sempre scontate quando si utilizza roba tanto complessa e ricca di regolazioni.

Ad esempio, la cosa che mi spaventa del deepsky non è tanto il costo dell'attrezzatura, perchè se sai cosa comprare e ti muovi nell'usato, non spendi "cifre astronomiche" (gioco di parole!:D). Il giorno che ti stufi, rivendi tutto nel mercatino e non ci perdi molto.
La cosa che mi spaventa davvero, piuttosto, è la mia capacità di gestire quella mole di informazioni e regolazioni, di saper tenere sotto controllo tutte le decine di variabili coinvolte. Ci vuole molta pazienza, acume, intuito....e non sono cose che maturi nell'arco di 1 settimana.

Tra l'altro mi sono accorto di una cosa che può sembrare paradossale, ma che in fondo non lo è: più l'attrezzatura è complessa e articolata (e di riflesso costosa), più ti facilita la vita, perchè ti consente di raccogliere delle informazioni grezze di qualità superiore su cui lavorare dopo in fase di post-produzione (no errori di tracking, no stelle allungate, poco rumore termico, ecc...).
Voglio dire....si possono fare foto a lunga posa in modo molto semplice con una guida manuale e una macchina reflex "stock", ma quanti errori, artefatti e problematiche varie incontri durante l'elaborazione? Quanti salti mortali e quante ore devi passare al PC per tirar fuori qualcosa di accettabile? E quanto ti semplificano la vita una montatura stabile, un sistema di guida affidabile e un sensore (camera USB o reflex) sensibile all'infrarosso?!

Maurizio_39
20-04-2018, 16:57
blackstrat

Io mi sono permesso di cirtarli,
Credo che hai interpretato la mia risposta come una critica, ma non ho avuto alcuna intenzione di farlo.
Scusami se lo hai pensato.:blush:
Volevo solo puntualizzare che il massimo a cui si può aspirare è quello che ho cercato di descrivere.
Poi c'è la capacità e la possibilità di sfruttarlo al meglio, che dipende dalla attrezzatura, dall'attenzione, dall'esperienza accumulata ed anche dal buon uso del soft di elaborazione.
Ma che la prima parte venga compresa è assolutamente necessario e imprescindibile.
Ciao.;)

iaco78
22-04-2018, 11:08
Ciao maurizio...visto che di ottica mi sembra che ne capisci molto vorrei farti una domanda che per me e' ancora poco chiara...il tuo discorso vale anche per I particolari che si possono notare dopo lungo tempo di osservazione? Non parlo di adattamento al buio che e' fondamentale nel nostro hobby, ma a me capita che anche se sono adattato al buio, se punto un oggetto "nuovo" nel mio oculare ho sempre bisogno di parecchi minuti per iniziare a cogliere I dettagli...all'inizio pensavo fosse solo un problema di adattamento ma non e' cosi visto che mi capita ad ogni sessione..adirittura ho fatto prove senza telrad per la ricerca ma ho sempre lo stesso effetto, I particolari necessitano di alcuni minuti...puo' essere questo in discorso simile all'accumulo di informazione ?
Ti ringrazio anticipatamente

Maurizio_39
22-04-2018, 14:31
iaco78

visto che di ottica mi sembra che ne capisci molto...
Ti ringrazio ma non attribuirmi conoscenze e meriti eccelsi, soprattutto nel campo della fisiologia dell'occhio; esula un po' dal settore che è stato di mia competenza.
Però, in considerazione dell'interesse che ho per questo hobby, ho cercato di entrare nell'argomento ed approfondire gli aspetti legati all'Ottica fisica.
E' chiaro, secondo l'esperienza comune, che l'occhio non ha capacità di accumulare gli stimoli luminosi. Come ho scritto nella mia proposta di discussione, è anche una fortuna! Verremmo abbagliati molto presto se ciò dovesse accadere, senza riuscire a vedere realmente!
Non mi sento di escludere tuttavia che, a livello di neuroni cerebrali, qualche cosa possa accadere, ma non credo (dovresti rivolgerti a qualcuno con molte più conoscenze di me nel settore!) che si possa parlare di accumulo.
E' possibile che il cervello possa avvertire, a livello subliminale, che qualcosa c'è, appena oltre il limite della coscenza ed elabora una risposta.
Non saprei cos'altro risponderti.:blush:
Ciao!
P.S. Comunque, rileggendo la tua domanda, non posso escludere che sia anche quello un problema di adattamento. Stando al buio l'occhio si adatta e si dilata ma, il buio della notte è probabilmente diverso da quello che avverti all'oculare.
Tutto è più intenso ed è probabile che l'occhio inizialmente ne risulti abbagliato, impedendoti di rilevare i particolari meno luminosi.