corrado973
30-06-2017, 15:06
I peggiori incidenti spaziali
Pochi giorni fa è uscito il film di fantascienza Gravity, nel quale George Clooney e Sandra Bullock vestono i panni di due astronauti alla deriva nello spazio dopo che il loro Space Shuttle è stato colpito da alcuni detriti di un satellite. Il film, che ha già fatto record di incassi, raggiungendo 55,6 milioni di dollari in un weekend, è stato applaudito anche dai più scettici per il suo incredibile realismo – in effetti, i detriti spaziale sono un problema che sta crescendo a ritmi esponenziali.
Anche nella realtà, l'ultima frontiera dello spazio è un sempre un grande pericolo, e molti eroi sono morti sul confine. Ripercorriamo assieme i peggiori incidenti spaziali della storia.
Il primo incidente spaziale ebbe come vittima il cosmonauta sovietico Vladimir Komarov, la cui capsula Soyuz 1 si schiantò sul suolo russo nel 1967. Una fonte del KGB avrebbe dichiarato che Komarov e molti altri erano ben al corrente dei numerosi problemi alla capsula, ma che i vertici sovietici scelsero di ignorare l'allarme. Nelle registrazioni degli ultimi minuti, si sente chiaramente Komarov piangere di rabbia contro gli ingegneri che avevano progettato la capsula destinata a schiantarsi dall'inizio.
I primi e a tutt'oggi unici a morire nello spazio furono, nel 1971, i cosmonauti sovietici Georgi Dobrovolski, Viktor Patsayev e Vladislav Volkov. I tre avevano eseguito un atterraggio da manuale dopo essersi sganciati dalla stazione spaziale Salyut 1. La capsula Soyuz 11 era studiata per completare gli atterraggi anche senza equipaggio, e anche stavolta sembrava un enorme successo. Il team di recuperò fu perciò molto sorpreso quando, aprendo lo sportellone della capsula, trovò i tre uomini seduti morti ai comandi. Indagini successive rivelarono un malfuzionamento del sistema di ventilazione, che aveva causato un improvviso calo nella pressione, esponendo l'equipaggio al vuoto dello spazio – gli unici uomini finora ad aver avuto un simile destino. I tre morirono pochi secondi dopo la rottura, avvenuta 168 chilometri sopra la superficie della Terra, in quello che è considerato convenzionalmente come spazio.
Uno dei più famosi incidenti è quello che interruppe bruscamente la gioia degli statunitensi, che avevano completato il programma Apollo con successo e senza una singola vittima in volo. Era il 28 Gennaio 1986, quando, pochi secondi dopo il lancio, lo Space Shuttle Challenger esplose, di fronte a milioni di spettatori e alle famiglie degli astronauti che stavano assistendo al lancio dal vivo. La missione era particolarmente seguita perché avrebbe portato per la prima volta un'insegnante nello spazio. E invece, Christa McAuliffe è morta di fronte a tutti i suoi alunni, che si erano radunati nell'auditorio della scuola per vedere in diretta il decollo. Il disastro, che uccise tutti e sette gli astronauti a bordo, scosse tutto il mondo e, come ricorda James Hansen dell'Auburn University, «ciò che rende unico il [disastro] Challenger, è che l'abbiamo vista accadere. L'abbiamo visto accadere e accadere di nuovo». La commissione investigativa che esaminò l'incidente concluse che il fallimento era dovuto alla gelida temperatura – un fattore di cui la NASA era ben a conoscenza. Il fallimento portò a un cambiamento radicale, sia a livello culturale che tecnico, dell'agenzia, e lasciò gli Shuttle a terra fino al 1988.
Quello del Challenger non fu l'unico disastro del programma Space Shuttle. Diciassette anni dopo, nel Febbraio del 2003, lo Space Shuttle Columbia andò in mille pezzi durante il rientro dalla missione STS-107, portando via con sé le vite di altri sette coraggiosi esploratori. La causa fu individuata in un residuo di schiuma ben visibile nelle inquadrature ancor prima del lancio, e denunciò ancora una volta come la NASA ignorasse molti allarmi considerati non pericolosi. Secondo recenti studi, gli astronauti sarebbero sopravvissuti alla distruzione dello Shuttle, ma avrebbero poi perso conoscenza e sarebbero morti. A terra furono ritrovati pezzi umani, ma anche caschi, tute e scarponi – vuoti, naturalmente.
Il programma Apollo fu inaugurato nel peggiore dei modi. Nonostante il programma si concluse con nessuna vittima in volo, vi furono alcuni gravi incidenti in attività collegate direttamente al programma. Il 27 Gennaio 1967, i tre astronauti dell'Apollo 1, Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee, morirono durante quello che doveva essere un test sicuro a terra all'interno del loro modulo di comando. Il modulo fu invaso dalle fiamme, che asfissiarono i tre astronauti, prima di bruciare i loro corpi. La colpa fu data a numerose disattenzioni, come l'uso di ossigeno puro nella cabina, la presenza di parti infiammabili in velcro, e lo sportellone della cabina che si apriva verso l'interno, intrappolando l'equipaggio. I tre astronauti avevano espresso le loro preoccupazioni sul modulo, e furono addirittura fotografati in preghiera davanti a un modellino del veicolo. L'incidente costrinse la NASA a cambiare drasticamente rotta, introducendo importanti cambiamenti sia a livello di design che di procedure. Come spiega Hansen, «se il fuoco non ci fosse stato, molte persone dicono che non avremmo raggiunto con successo la Luna».
Un'altra vittima del programma Apollo fu Michael Adams, che, sempre nel 1967, si stava allenando a bordo di un aereo X-15. Adams si schiantò al suolo dopo aver superato gli 80,5 chilometri di altitudine.
Il più famoso incidente sfiorato è quello dell'Apollo 13. Il programma era un successo perché, a differenza di altri, l'ingegno e la prontezza degli astronauti l'avevano più volte salvato. Nel 1966, ad esempio, Neil Armstrong e David Scott avevano stabilizzato la loro capsula Gemini che era andata fuori controllo spegnendo i propulsori principali e usando quelli del rientro. Ancor più famoso è il caso dell'Apollo 13, reso celebre dal film uscito nel 1995. Un serbatoio di ossigeno esplose mentre la capsula era in viaggio verso la Luna, danneggiando il modulo di servizio e impedendo ai tre di scendere sulla superficie lunare. L'equipaggio sfruttò la gravità lunare per rientrare in orbita attorno alla Terra. Dopo l'esplosione, l'astronauta Jack Swigert – e non Jim Lovell, come si vede nel film – pronunciò l'ormai celebre frase, «Houston, abbiamo avuto un problema».
Nella storia dell'esplorazione spaziale vi furono poi interessanti casi di piccoli problemi che non misero mai a rischio la vita degli astronauti a bordo, ma che oggi suonano abbastanza strani. Ne è un perfetto esempio l'Apollo 12, che fu colpito da due diversi fulmini 36 e 52 secondi dopo il lancio. La missione fu comunque un successo.
Nel 1965, causa di un ritardo di 46 secondi, la capsula Voskhod 2 con a bordo i cosmonauti Alexey Leonov e Pavel Belyayev mancò il suo previsto sito di atterraggio, e si andò invece a schiantare nelle fitte foreste dell'Udmurtia, popolate da lupi e orsi. I due astronauti furono costretti a passare la gelida notte muniti di pistole per difendersi, ma per fortuna non subirono attacchi.
Il meno celebre incidente mai avvenuto è forse quello dell'Apollo 11. La missione si rivelò un enorme successo, ma i pericoli lungo il percorso erano molti. Erano talmente tanti che l'allora presidente degli Stati Uniti, Nixon, si era addirittura preparato un discorso da rivolgere alla nazione se qualcosa fosse andato storto. Nel discorso si legge, «il destino ci ha imposti che gli uomini che sono andati sulla Luna per esplorare in pace resteranno sulla Luna per riposare in pace». Se questo discorso fosse stato pronunciato, l'intera storia dell'esplorazione spaziale potrebbe essere stata molto diversa, come spiega Hansen. «Se noi sulla Terra ci dovessimo immaginare corpi morti sulla superficie lunare... lo spettro di ciò ci inseguirebbe. Chissà, potrebbe aver fatto chiudere il programma».
fonte:
http://www.pollucenotizie.com/2013/10/apollo1.html
Ieri ricorreva l'anniversario della tragedia SOjuz 11 e vi chiedo di non dimenticarli...
Pochi giorni fa è uscito il film di fantascienza Gravity, nel quale George Clooney e Sandra Bullock vestono i panni di due astronauti alla deriva nello spazio dopo che il loro Space Shuttle è stato colpito da alcuni detriti di un satellite. Il film, che ha già fatto record di incassi, raggiungendo 55,6 milioni di dollari in un weekend, è stato applaudito anche dai più scettici per il suo incredibile realismo – in effetti, i detriti spaziale sono un problema che sta crescendo a ritmi esponenziali.
Anche nella realtà, l'ultima frontiera dello spazio è un sempre un grande pericolo, e molti eroi sono morti sul confine. Ripercorriamo assieme i peggiori incidenti spaziali della storia.
Il primo incidente spaziale ebbe come vittima il cosmonauta sovietico Vladimir Komarov, la cui capsula Soyuz 1 si schiantò sul suolo russo nel 1967. Una fonte del KGB avrebbe dichiarato che Komarov e molti altri erano ben al corrente dei numerosi problemi alla capsula, ma che i vertici sovietici scelsero di ignorare l'allarme. Nelle registrazioni degli ultimi minuti, si sente chiaramente Komarov piangere di rabbia contro gli ingegneri che avevano progettato la capsula destinata a schiantarsi dall'inizio.
I primi e a tutt'oggi unici a morire nello spazio furono, nel 1971, i cosmonauti sovietici Georgi Dobrovolski, Viktor Patsayev e Vladislav Volkov. I tre avevano eseguito un atterraggio da manuale dopo essersi sganciati dalla stazione spaziale Salyut 1. La capsula Soyuz 11 era studiata per completare gli atterraggi anche senza equipaggio, e anche stavolta sembrava un enorme successo. Il team di recuperò fu perciò molto sorpreso quando, aprendo lo sportellone della capsula, trovò i tre uomini seduti morti ai comandi. Indagini successive rivelarono un malfuzionamento del sistema di ventilazione, che aveva causato un improvviso calo nella pressione, esponendo l'equipaggio al vuoto dello spazio – gli unici uomini finora ad aver avuto un simile destino. I tre morirono pochi secondi dopo la rottura, avvenuta 168 chilometri sopra la superficie della Terra, in quello che è considerato convenzionalmente come spazio.
Uno dei più famosi incidenti è quello che interruppe bruscamente la gioia degli statunitensi, che avevano completato il programma Apollo con successo e senza una singola vittima in volo. Era il 28 Gennaio 1986, quando, pochi secondi dopo il lancio, lo Space Shuttle Challenger esplose, di fronte a milioni di spettatori e alle famiglie degli astronauti che stavano assistendo al lancio dal vivo. La missione era particolarmente seguita perché avrebbe portato per la prima volta un'insegnante nello spazio. E invece, Christa McAuliffe è morta di fronte a tutti i suoi alunni, che si erano radunati nell'auditorio della scuola per vedere in diretta il decollo. Il disastro, che uccise tutti e sette gli astronauti a bordo, scosse tutto il mondo e, come ricorda James Hansen dell'Auburn University, «ciò che rende unico il [disastro] Challenger, è che l'abbiamo vista accadere. L'abbiamo visto accadere e accadere di nuovo». La commissione investigativa che esaminò l'incidente concluse che il fallimento era dovuto alla gelida temperatura – un fattore di cui la NASA era ben a conoscenza. Il fallimento portò a un cambiamento radicale, sia a livello culturale che tecnico, dell'agenzia, e lasciò gli Shuttle a terra fino al 1988.
Quello del Challenger non fu l'unico disastro del programma Space Shuttle. Diciassette anni dopo, nel Febbraio del 2003, lo Space Shuttle Columbia andò in mille pezzi durante il rientro dalla missione STS-107, portando via con sé le vite di altri sette coraggiosi esploratori. La causa fu individuata in un residuo di schiuma ben visibile nelle inquadrature ancor prima del lancio, e denunciò ancora una volta come la NASA ignorasse molti allarmi considerati non pericolosi. Secondo recenti studi, gli astronauti sarebbero sopravvissuti alla distruzione dello Shuttle, ma avrebbero poi perso conoscenza e sarebbero morti. A terra furono ritrovati pezzi umani, ma anche caschi, tute e scarponi – vuoti, naturalmente.
Il programma Apollo fu inaugurato nel peggiore dei modi. Nonostante il programma si concluse con nessuna vittima in volo, vi furono alcuni gravi incidenti in attività collegate direttamente al programma. Il 27 Gennaio 1967, i tre astronauti dell'Apollo 1, Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee, morirono durante quello che doveva essere un test sicuro a terra all'interno del loro modulo di comando. Il modulo fu invaso dalle fiamme, che asfissiarono i tre astronauti, prima di bruciare i loro corpi. La colpa fu data a numerose disattenzioni, come l'uso di ossigeno puro nella cabina, la presenza di parti infiammabili in velcro, e lo sportellone della cabina che si apriva verso l'interno, intrappolando l'equipaggio. I tre astronauti avevano espresso le loro preoccupazioni sul modulo, e furono addirittura fotografati in preghiera davanti a un modellino del veicolo. L'incidente costrinse la NASA a cambiare drasticamente rotta, introducendo importanti cambiamenti sia a livello di design che di procedure. Come spiega Hansen, «se il fuoco non ci fosse stato, molte persone dicono che non avremmo raggiunto con successo la Luna».
Un'altra vittima del programma Apollo fu Michael Adams, che, sempre nel 1967, si stava allenando a bordo di un aereo X-15. Adams si schiantò al suolo dopo aver superato gli 80,5 chilometri di altitudine.
Il più famoso incidente sfiorato è quello dell'Apollo 13. Il programma era un successo perché, a differenza di altri, l'ingegno e la prontezza degli astronauti l'avevano più volte salvato. Nel 1966, ad esempio, Neil Armstrong e David Scott avevano stabilizzato la loro capsula Gemini che era andata fuori controllo spegnendo i propulsori principali e usando quelli del rientro. Ancor più famoso è il caso dell'Apollo 13, reso celebre dal film uscito nel 1995. Un serbatoio di ossigeno esplose mentre la capsula era in viaggio verso la Luna, danneggiando il modulo di servizio e impedendo ai tre di scendere sulla superficie lunare. L'equipaggio sfruttò la gravità lunare per rientrare in orbita attorno alla Terra. Dopo l'esplosione, l'astronauta Jack Swigert – e non Jim Lovell, come si vede nel film – pronunciò l'ormai celebre frase, «Houston, abbiamo avuto un problema».
Nella storia dell'esplorazione spaziale vi furono poi interessanti casi di piccoli problemi che non misero mai a rischio la vita degli astronauti a bordo, ma che oggi suonano abbastanza strani. Ne è un perfetto esempio l'Apollo 12, che fu colpito da due diversi fulmini 36 e 52 secondi dopo il lancio. La missione fu comunque un successo.
Nel 1965, causa di un ritardo di 46 secondi, la capsula Voskhod 2 con a bordo i cosmonauti Alexey Leonov e Pavel Belyayev mancò il suo previsto sito di atterraggio, e si andò invece a schiantare nelle fitte foreste dell'Udmurtia, popolate da lupi e orsi. I due astronauti furono costretti a passare la gelida notte muniti di pistole per difendersi, ma per fortuna non subirono attacchi.
Il meno celebre incidente mai avvenuto è forse quello dell'Apollo 11. La missione si rivelò un enorme successo, ma i pericoli lungo il percorso erano molti. Erano talmente tanti che l'allora presidente degli Stati Uniti, Nixon, si era addirittura preparato un discorso da rivolgere alla nazione se qualcosa fosse andato storto. Nel discorso si legge, «il destino ci ha imposti che gli uomini che sono andati sulla Luna per esplorare in pace resteranno sulla Luna per riposare in pace». Se questo discorso fosse stato pronunciato, l'intera storia dell'esplorazione spaziale potrebbe essere stata molto diversa, come spiega Hansen. «Se noi sulla Terra ci dovessimo immaginare corpi morti sulla superficie lunare... lo spettro di ciò ci inseguirebbe. Chissà, potrebbe aver fatto chiudere il programma».
fonte:
http://www.pollucenotizie.com/2013/10/apollo1.html
Ieri ricorreva l'anniversario della tragedia SOjuz 11 e vi chiedo di non dimenticarli...