Red Hanuman
02-06-2015, 13:08
La risposta soffia nel vento galattico
Un team guidato da astronomi italiani scopre che i grandi buchi neri al centro delle galassie possono, inaspettatamente, sia favorire la creazione di nuove stelle sia bloccarne la formazione. Per la prima volta entrambi gli effetti sono stati osservati nella stessa galassia. Un poker di studi scientifici condotti da astronomi dell’INAF e dell’Università di Bologna svela come i venti galattici scavino delle cavità nel gas interstellare, ai bordi delle quali si accendono nuove stelle
di Stefano Parisini
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Illustrazione del modello di vento galattico costruito a partire dalle osservazioni SINFONI/VLT ed HST del quasar XID2028: il vento scava una cavità nelle regioni di formazione stellare della galassia in cui risiede il quasar, fermando la formazione stellare stessa e rinvigorendola solo ai bordi della cavità (da Cresci et al. 2015)
Un gruppo di ricerca composto principalmente da astronomi italiani, in grande maggioranza dell’INAF e del Dipartimento di Fisica e Astronomia (DIFA) dell’Università di Bologna, ha pubblicato negli ultimi mesi quattro nuovi studi nell’ambito di un progetto specifico, finanziato con fondi europei, che ha fruttato la prima osservazione complessiva degli effetti dei fortissimi venti galattici sulla galassia ospite, sia in termini distruttivi, spazzando via molto del gas (sia ionizzato che molecolare) contenuto nella galassia, sia in termini costruttivi, inducendo formazione stellare attraverso la compressione delle stesse nubi di gas interstellare.
Il fenomeno che gli astrofisici definiscono outflow si riferisce all’emanazione di forti venti galattici da parte di Nuclei Galattici Attivi (AGN), la parte centrale di una galassia con luminosità superiore al normale. Nel percorso evolutivo della galassia, lo spirare di questi venti corrisponde alla fase in cui l’energia liberata dall’accrescimento del buco nero al centro della galassia è tale da spazzare via tutto o parte del gas circostante. Un fenomeno che sconvolge l’assetto della galassia e la sua evoluzione futura, ma che per i ricercatori è molto difficile da studiare, in quanto si manifesta in un periodo molto limitato della vita galattica: qualche decina, o al più centinaia, di milioni di anni. Per avere un’idea, questo equivarrebbe ad appena a qualche settimana se raffrontato con la durata media della vita umana.
Il percorso seguito dai ricercatori, coordinati da Marcella Brusa del DIFA-Università di Bologna e associata a INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna, è stato quello di attaccare il problema in maniera sistematica, partendo dal selezionare i quasar (ovvero i più luminosi tra i Nuclei Galattici Attivi) più promettenti all’interno della banca dati di sorgenti extragalattiche COSMOS, in particolare utilizzando le osservazioni ad alte energie in banda X ottenute con il satellite XMM-Newton, rivelatesi cruciali per la selezione dei candidati.
Una volta verificata “sul campo” la validità del campione selezionato con apposite osservazioni, grazie alla particolare tecnica spettroscopica denominata “slit-resolved” usata con lo strumento X-SHOOTER sul telescopio VLT dell’ESO in Cile, i ricercatori hanno rilevato la presenza di venti di gas, estesi su scale paragonabili alla scala delle galassie ospiti, nei due quasar più brillanti del campione.
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Le quattro unità del Very Large Telescope (VLT) all’Osservatorio del Paranal in Cile. Crediti: ESO Photo Ambassador website
«Questa tecnica, nella sua semplicità, si è rivelata risolutiva nella difficile caratterizzazione fisica del gas che partecipa all’outflow, almeno nella sua componente ionizzata e neutra», dice Michele Perna, dottorando del DIFA-Università di Bologna, prima firma sul relativo studio scientifico.
Grazie a un altro spettrografo in dotazione al telescopio VLT, SINFONI, usato in combinazione con le immagini del telescopio spaziale Hubble, per uno dei quasar studiati, denominato XID 2028, i ricercatori hanno dimostrato l’impatto che questo vento galattico, imperversante a velocità oltre i 5 milioni di km/h, ha sulla formazione stellare, trovando quelli che in gergo vengono definiti feedback, sia positivi che negativi.
«I nostri dati, ottenuti con la tecnica della spettroscopia a campo integrale, hanno dimostrato che l’effetto degli outflow sulla galassia ospite è particolarmente complesso, in quanto sono capaci sia di rimuovere il gas dalla galassia (feedback negativo), sia di innescare formazione stellare comprimendo le nubi di gas ai loro bordi (feedback positivo). Si tratta di un risultato a lungo cercato da astronomi di tutto il mondo, e che i nostri lavori dimostrano con più metodi indipendenti per la prima volta», sottolinea Giovanni Cresci dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, che ha guidato lo studio sui feedback associati al gas ionizzato.
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Il grafico evidenzia come la frazione di gas derivata per XID2028 dai dati molecolari ottenuti con il radiotelescopio Plateau de Bure Interferometer (indicata con una stella) è risultata essere minore di quella attesa per galassie di medesima massa stellare, alla stessa distanza e con la stesso tasso di formazione stellare in corso (da Brusa et al. 2015, adattato)
Lo stesso quasar XID 2028 ha continuato a brillare anche nel quarto studio, in via di pubblicazione, in cui i ricercatori raccontano come il vento galattico vada a intaccare anche le riserve di gas molecolare nella galassia stessa, osservate con radiotelescopio Plateau de Bure Interferometer sulle Alpi francesi.
«E’ stato come mettere insieme pazientemente i pezzi di un enorme puzzle», spiega Marcella Brusa. «Le osservazioni millimetriche di XID2028 – pur limitate in risoluzione spaziale – hanno mostrato che il gas molecolare nella galassia, usato per formare le stelle, sembra essere circa tre volte meno di quanto misurato per galassie simili e alla stessa distanza, confermando quindi il risultato sul feedback negativo: XID2028 è il primo quasar oscurato nell’Universo lontano in cui le evidenze di questo processo sono state ottenute indipendentemente nei due traccianti di gas ionizzato e molecolare».
Brusa ricorda in chiusura come questo importante risultato sia frutto di un lavoro certosino durato parecchi anni, ma che la storia non è certo finita qui. I ricercatori sperano nell’immediato futuro di poter completare il puzzle con il tassello finale: osservazioni ad alta risoluzione del gas molecolare con ALMA, la schiera di radiotelescopi millimetrici operanti sulle Ande cilene, per andare a vedere nel dettaglio le regioni di formazione stellare. A partire, ovviamente, dal candidato migliore: l’ormai noto quasar XID 2028.
Referenze:
Il preprint (http://arxiv.org/pdf/1409.1615v2.pdf) dello studio X-shooter reveals powerful outflows in z~1.5 X-ray selected obscured quasi stellar objects, di M. Brusa, A. Bongiorno, G. Cresci, M. Perna, A. Marconi, V. Mainieri, R. Maiolino, M. Salvato, E. Lusso, P. Santini, A. Comastri, F. Fiore, R. Gilli, F. La Franca, G. Lanzuisi, D. Lutz, A. Merloni, M. Mignoli, F. Onori, E. Piconcelli, D. Rosario, C. Vignali, G. Zamorani, pubblicato su MNRAS (http://mnras.oxfordjournals.org/content/446/3/2394)
Il preprint (http://arxiv.org/pdf/1410.5468.pdf) dello studio Galaxy-wide outflows in z~1.5 luminous obscured QSOs revealed through NIR slit-resolved spectroscopy, di M. Perna, M. Brusa, G. Cresci, A. Comastri, G. Lanzuisi, E. Lusso, A. Marconi, M. Salvato, G. Zamorani, A. Bongiorno, V. Mainieri, R. Maiolino, M. Mignoli, pubblicato su Astronomy & Astrophysics (http://www.aanda.org/articles/aa/abs/2015/02/aa25035-14/aa25035-14.html)
Il preprint (http://arxiv.org/abs/1411.4208) dello studio Blowin’ in the wind: both `negative’ and `positive’ feedback in an obscured high-z Quasar, di G. Cresci, V. Mainieri, M. Brusa, A. Marconi, M. Perna, F. Mannucci, E. Piconcelli, R. Maiolino, C. Feruglio, F. Fiore, A. Bongiorno, G. Lanzuisi, A Merloni, M.Schramm, J. D. Silverman, F. Civano, pubblicato su The Astrophysical Journal (http://iopscience.iop.org/0004-637X/799/1/82/)
Il preprint (http://arxiv.org/abs/1503.01783) dello studio Evidence for feedback in action from the molecular gas content in the z~1.6 outflowing QSO XID2028, di M. Brusa, C. Feruglio, G. Cresci, V. Mainieri, M. T. Sargent, M. Perna, P. Santini, F. Vito, A. Marconi, A. Merloni, D. Lutz, E. Piconcelli, G. Lanzuisi, R. Maiolino, D. Rosario, E. Daddi, A. Bongiorno, F. Fiore, E. Lusso, in via di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics (http://adsabs.harvard.edu/abs/2015arXiv150301783B)
Articolo originale QUI (http://www.media.inaf.it/2015/06/01/la-risposta-soffia-nel-vento-galattico/).
Un team guidato da astronomi italiani scopre che i grandi buchi neri al centro delle galassie possono, inaspettatamente, sia favorire la creazione di nuove stelle sia bloccarne la formazione. Per la prima volta entrambi gli effetti sono stati osservati nella stessa galassia. Un poker di studi scientifici condotti da astronomi dell’INAF e dell’Università di Bologna svela come i venti galattici scavino delle cavità nel gas interstellare, ai bordi delle quali si accendono nuove stelle
di Stefano Parisini
11921
Illustrazione del modello di vento galattico costruito a partire dalle osservazioni SINFONI/VLT ed HST del quasar XID2028: il vento scava una cavità nelle regioni di formazione stellare della galassia in cui risiede il quasar, fermando la formazione stellare stessa e rinvigorendola solo ai bordi della cavità (da Cresci et al. 2015)
Un gruppo di ricerca composto principalmente da astronomi italiani, in grande maggioranza dell’INAF e del Dipartimento di Fisica e Astronomia (DIFA) dell’Università di Bologna, ha pubblicato negli ultimi mesi quattro nuovi studi nell’ambito di un progetto specifico, finanziato con fondi europei, che ha fruttato la prima osservazione complessiva degli effetti dei fortissimi venti galattici sulla galassia ospite, sia in termini distruttivi, spazzando via molto del gas (sia ionizzato che molecolare) contenuto nella galassia, sia in termini costruttivi, inducendo formazione stellare attraverso la compressione delle stesse nubi di gas interstellare.
Il fenomeno che gli astrofisici definiscono outflow si riferisce all’emanazione di forti venti galattici da parte di Nuclei Galattici Attivi (AGN), la parte centrale di una galassia con luminosità superiore al normale. Nel percorso evolutivo della galassia, lo spirare di questi venti corrisponde alla fase in cui l’energia liberata dall’accrescimento del buco nero al centro della galassia è tale da spazzare via tutto o parte del gas circostante. Un fenomeno che sconvolge l’assetto della galassia e la sua evoluzione futura, ma che per i ricercatori è molto difficile da studiare, in quanto si manifesta in un periodo molto limitato della vita galattica: qualche decina, o al più centinaia, di milioni di anni. Per avere un’idea, questo equivarrebbe ad appena a qualche settimana se raffrontato con la durata media della vita umana.
Il percorso seguito dai ricercatori, coordinati da Marcella Brusa del DIFA-Università di Bologna e associata a INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna, è stato quello di attaccare il problema in maniera sistematica, partendo dal selezionare i quasar (ovvero i più luminosi tra i Nuclei Galattici Attivi) più promettenti all’interno della banca dati di sorgenti extragalattiche COSMOS, in particolare utilizzando le osservazioni ad alte energie in banda X ottenute con il satellite XMM-Newton, rivelatesi cruciali per la selezione dei candidati.
Una volta verificata “sul campo” la validità del campione selezionato con apposite osservazioni, grazie alla particolare tecnica spettroscopica denominata “slit-resolved” usata con lo strumento X-SHOOTER sul telescopio VLT dell’ESO in Cile, i ricercatori hanno rilevato la presenza di venti di gas, estesi su scale paragonabili alla scala delle galassie ospiti, nei due quasar più brillanti del campione.
11922
Le quattro unità del Very Large Telescope (VLT) all’Osservatorio del Paranal in Cile. Crediti: ESO Photo Ambassador website
«Questa tecnica, nella sua semplicità, si è rivelata risolutiva nella difficile caratterizzazione fisica del gas che partecipa all’outflow, almeno nella sua componente ionizzata e neutra», dice Michele Perna, dottorando del DIFA-Università di Bologna, prima firma sul relativo studio scientifico.
Grazie a un altro spettrografo in dotazione al telescopio VLT, SINFONI, usato in combinazione con le immagini del telescopio spaziale Hubble, per uno dei quasar studiati, denominato XID 2028, i ricercatori hanno dimostrato l’impatto che questo vento galattico, imperversante a velocità oltre i 5 milioni di km/h, ha sulla formazione stellare, trovando quelli che in gergo vengono definiti feedback, sia positivi che negativi.
«I nostri dati, ottenuti con la tecnica della spettroscopia a campo integrale, hanno dimostrato che l’effetto degli outflow sulla galassia ospite è particolarmente complesso, in quanto sono capaci sia di rimuovere il gas dalla galassia (feedback negativo), sia di innescare formazione stellare comprimendo le nubi di gas ai loro bordi (feedback positivo). Si tratta di un risultato a lungo cercato da astronomi di tutto il mondo, e che i nostri lavori dimostrano con più metodi indipendenti per la prima volta», sottolinea Giovanni Cresci dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, che ha guidato lo studio sui feedback associati al gas ionizzato.
11923
Il grafico evidenzia come la frazione di gas derivata per XID2028 dai dati molecolari ottenuti con il radiotelescopio Plateau de Bure Interferometer (indicata con una stella) è risultata essere minore di quella attesa per galassie di medesima massa stellare, alla stessa distanza e con la stesso tasso di formazione stellare in corso (da Brusa et al. 2015, adattato)
Lo stesso quasar XID 2028 ha continuato a brillare anche nel quarto studio, in via di pubblicazione, in cui i ricercatori raccontano come il vento galattico vada a intaccare anche le riserve di gas molecolare nella galassia stessa, osservate con radiotelescopio Plateau de Bure Interferometer sulle Alpi francesi.
«E’ stato come mettere insieme pazientemente i pezzi di un enorme puzzle», spiega Marcella Brusa. «Le osservazioni millimetriche di XID2028 – pur limitate in risoluzione spaziale – hanno mostrato che il gas molecolare nella galassia, usato per formare le stelle, sembra essere circa tre volte meno di quanto misurato per galassie simili e alla stessa distanza, confermando quindi il risultato sul feedback negativo: XID2028 è il primo quasar oscurato nell’Universo lontano in cui le evidenze di questo processo sono state ottenute indipendentemente nei due traccianti di gas ionizzato e molecolare».
Brusa ricorda in chiusura come questo importante risultato sia frutto di un lavoro certosino durato parecchi anni, ma che la storia non è certo finita qui. I ricercatori sperano nell’immediato futuro di poter completare il puzzle con il tassello finale: osservazioni ad alta risoluzione del gas molecolare con ALMA, la schiera di radiotelescopi millimetrici operanti sulle Ande cilene, per andare a vedere nel dettaglio le regioni di formazione stellare. A partire, ovviamente, dal candidato migliore: l’ormai noto quasar XID 2028.
Referenze:
Il preprint (http://arxiv.org/pdf/1409.1615v2.pdf) dello studio X-shooter reveals powerful outflows in z~1.5 X-ray selected obscured quasi stellar objects, di M. Brusa, A. Bongiorno, G. Cresci, M. Perna, A. Marconi, V. Mainieri, R. Maiolino, M. Salvato, E. Lusso, P. Santini, A. Comastri, F. Fiore, R. Gilli, F. La Franca, G. Lanzuisi, D. Lutz, A. Merloni, M. Mignoli, F. Onori, E. Piconcelli, D. Rosario, C. Vignali, G. Zamorani, pubblicato su MNRAS (http://mnras.oxfordjournals.org/content/446/3/2394)
Il preprint (http://arxiv.org/pdf/1410.5468.pdf) dello studio Galaxy-wide outflows in z~1.5 luminous obscured QSOs revealed through NIR slit-resolved spectroscopy, di M. Perna, M. Brusa, G. Cresci, A. Comastri, G. Lanzuisi, E. Lusso, A. Marconi, M. Salvato, G. Zamorani, A. Bongiorno, V. Mainieri, R. Maiolino, M. Mignoli, pubblicato su Astronomy & Astrophysics (http://www.aanda.org/articles/aa/abs/2015/02/aa25035-14/aa25035-14.html)
Il preprint (http://arxiv.org/abs/1411.4208) dello studio Blowin’ in the wind: both `negative’ and `positive’ feedback in an obscured high-z Quasar, di G. Cresci, V. Mainieri, M. Brusa, A. Marconi, M. Perna, F. Mannucci, E. Piconcelli, R. Maiolino, C. Feruglio, F. Fiore, A. Bongiorno, G. Lanzuisi, A Merloni, M.Schramm, J. D. Silverman, F. Civano, pubblicato su The Astrophysical Journal (http://iopscience.iop.org/0004-637X/799/1/82/)
Il preprint (http://arxiv.org/abs/1503.01783) dello studio Evidence for feedback in action from the molecular gas content in the z~1.6 outflowing QSO XID2028, di M. Brusa, C. Feruglio, G. Cresci, V. Mainieri, M. T. Sargent, M. Perna, P. Santini, F. Vito, A. Marconi, A. Merloni, D. Lutz, E. Piconcelli, G. Lanzuisi, R. Maiolino, D. Rosario, E. Daddi, A. Bongiorno, F. Fiore, E. Lusso, in via di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics (http://adsabs.harvard.edu/abs/2015arXiv150301783B)
Articolo originale QUI (http://www.media.inaf.it/2015/06/01/la-risposta-soffia-nel-vento-galattico/).