Red Hanuman
28-05-2015, 22:32
Un po’ di luce sull’epoca oscura
Tre stelle primordiali, di circa 13 miliardi di anni fa e dalle inattese proprietà nella loro composizione chimica, sono state scoperte da un gruppo di ricercatori guidato dall’italiano Piercarlo Bonifacio dell’Osservatorio astronomico di Parigi e a cui hanno partecipato alcuni astronomi dell’INAF
di Marco Galliani
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Formazione delle prime stelle in gruppi all’interno di piccoli aloni. Diversamente da quanto finora ipotizzato le prime stelle sarebbero state non molto massicce e si sarebbero formate in piccoli gruppi comprendendo anche stelle con massa più piccola del Sole. Crediti: NASA/ WMAP science team
Sono tre stelle antichissime, di circa 13 miliardi di anni fa e dalle inattese proprietà nella loro composizione chimica. A scoprirle è stato un gruppo di ricercatori guidato dall’italiano Piercarlo Bonifacio dell’Osservatorio astronomico di Parigi e a cui hanno partecipato gli astronomi dell’INAF Paolo Molaro (dell’Osservatorio Astronomico di Trieste), Marco Limongi e Alessandro Chieffi (dell’Osservatorio Astronomico e IAPS di Roma, rispettivamente) e Simone Zaggia (dell’Osservatorio Astronomico di Padova). I tre astri appartengono all’epoca della cosiddetta Epoca oscura (in inglese Dark Ages), che va da 380.000 a un miliardo di anni dopo il Big Bang. In quel tempo l’Universo era composto da gas neutro e privo di elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e dell’elio (che in astronomia vengono genericamente chiamati ‘metalli’) e non esistevano ancora le stelle a irradiare luce. Proprio in questo periodo hanno cominciato a formarsi le prime stelle che hanno sintetizzato i primi elementi chimici e, concludendo il loro ciclo evolutivo come supernovae, li hanno disseminati nello spazio circostante. Questi metalli sono andati a mescolarsi al gas da cui si sono formate altre stelle delle generazioni successive, in un ciclo continuo che ha portato al progressivo arricchimento degli elementi nell’Universo.
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Campo stellare con indicata la stella SDSS J1035+0641, la più povera di metalli nello studio e una delle stelle più antiche che si conoscano
Le tre stelle sono state individuate passando al setaccio un campione iniziale di oltre 182.800 astri appartenenti al catalogo della Sloan Digital Sky Survey. Via via la ricerca si è affinata, fino a ridursi a un centinaio candidati su cui sono state condotte osservazioni spettroscopiche con gli strumenti X-Shooter e UVES installati al Very Large Telescope dell’ESO. Dai risultati è emerso che due di queste stelle possiedono una abbondanza di ferro bassissima, circa centomila volte più bassa di quella del Sole e quindi originatesi da gas quasi primordiale. Per i ricercatori è la caratteristica che le rende le stelle più antiche che conosciamo.
Le stelle scoperte dal team di ricercatori hanno però una caratteristica sorprendente. Pur essendo vecchissime e perfettamente collocabili dal punto di vista temporale nell’epoca oscura, la loro massa è più piccola di quella del nostro Sole. Per Piercarlo Bonifacio «la sola esistenza di queste stelle dimostra che il meccanismo di formazione delle primissime generazioni stellari deve necessariamente portare anche all’origine di stelle di piccola massa come il nostro Sole e anche più piccole già nell’epoca oscura, cosa che non ci aspettavamo fosse possibile». Scandagliando le abbondanze relative degli altri elementi emerge invece che le tre stelle di contro possiedono una elevatissima abbondanza di carbonio accompagnata da una sostanziale assenza di elementi più pesanti del ferro.
« Queste stelle antichissime appartengono ad una classe speciale di astri, con molto carbonio ma poco o nulla di elementi pesanti a cattura neutronica. Una classe di stelle di cui con Bonifacio abbiamo scoperto il prototipo nel 1998. E ammetto che mi piace molto l’idea che tutte le stelle più antiche formatesi nell’Universo appartengano a questa classe » commenta Paolo Molaro. La presenza di un’elevata quantità di carbonio sembra essere un ingrediente fondamentale per agevolare la formazione di stelle di piccola massa, grazie alla sua capacità di raffreddare il gas nella fase di contrazione gravitazionale. Ma anche in questo caso c’è un’eccezione: la stella SDSS J102915+172927, scoperta dallo stesso gruppo nel 2011 (http://www.media.inaf.it/2011/08/31/la-stella-che-non-dovrebbe-esserci/), a ricordarci che le cose non sono sempre semplici.
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Schema dell’epoca delle “Dark Ages” corrispondente alle prime centinaia di milioni di anni della storia dell’Universo, dall’epoca della ricombinazione (da cui proviene la radiazione cosmica di fondo) alla reionizzazione dell’Universo ad opera delle prime stelle. Immagine di Amanda Smith
Lo studio degli elementi chimici in questi oggetti primordiali apre nuovi scenari sulla formazione delle prime stelle. Esse non si sono formate da sole ma a gruppi, in piccoli aloni di gas. Quando le stelle più massicce hanno terminato il loro ciclo evolutivo con esplosioni, alcune di queste sono state relativamente deboli. In questo caso la gran parte della materia è ricaduta nel buco nero originato dal nucleo stellare mentre la materia sfuggita appartiene agli strati esterni composti principalmente da elementi leggeri come il carbonio o ossigeno. Questi sono precisamente gli elementi che si osservano in grande abbondanza nelle tre nuove stelle.
Mistero risolto quindi? Solo in parte. L’indagine mostra che, in queste stelle, a mancare non sono solo gli elementi chimici pesanti, ma anche il litio, che è l’elemento più leggero dopo l’elio. Secondo le teorie che descrivono la formazione dell’Universo, nei primi tre minuti dal Big Bang si sarebbe prodotta una frazione significativa di litio, che dunque avrebbe dovuto essere presente nelle atmosfere di queste stelle (http://www.media.inaf.it/2014/12/11/il-punto-sui-primi-tre-minuti/), pur antichissime. Cosa che invece non trova riscontro nelle due stelle scoperte. «Un ulteriore mistero che rende ancora più affascinanti queste stelle che provengono dal più remoto passato» conclude Marco Limongi.
Per saperne di più:
l’articolo (http://arxiv.org/abs/1504.05963) TOPoS: II. On the bimodality of carbon abundance in CEMP stars – Implications on the early chemical evolution of galaxies di Piercarlo Bonifacio et al. in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics
la notizia (http://www.insu.cnrs.fr/node/5323) pubblicata sul sito dell’INSU-CNRS (in francese)
Articolo originale QUI (http://www.media.inaf.it/2015/05/26/un-po-di-luce-sull-epoca-oscura/).
Tre stelle primordiali, di circa 13 miliardi di anni fa e dalle inattese proprietà nella loro composizione chimica, sono state scoperte da un gruppo di ricercatori guidato dall’italiano Piercarlo Bonifacio dell’Osservatorio astronomico di Parigi e a cui hanno partecipato alcuni astronomi dell’INAF
di Marco Galliani
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Formazione delle prime stelle in gruppi all’interno di piccoli aloni. Diversamente da quanto finora ipotizzato le prime stelle sarebbero state non molto massicce e si sarebbero formate in piccoli gruppi comprendendo anche stelle con massa più piccola del Sole. Crediti: NASA/ WMAP science team
Sono tre stelle antichissime, di circa 13 miliardi di anni fa e dalle inattese proprietà nella loro composizione chimica. A scoprirle è stato un gruppo di ricercatori guidato dall’italiano Piercarlo Bonifacio dell’Osservatorio astronomico di Parigi e a cui hanno partecipato gli astronomi dell’INAF Paolo Molaro (dell’Osservatorio Astronomico di Trieste), Marco Limongi e Alessandro Chieffi (dell’Osservatorio Astronomico e IAPS di Roma, rispettivamente) e Simone Zaggia (dell’Osservatorio Astronomico di Padova). I tre astri appartengono all’epoca della cosiddetta Epoca oscura (in inglese Dark Ages), che va da 380.000 a un miliardo di anni dopo il Big Bang. In quel tempo l’Universo era composto da gas neutro e privo di elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e dell’elio (che in astronomia vengono genericamente chiamati ‘metalli’) e non esistevano ancora le stelle a irradiare luce. Proprio in questo periodo hanno cominciato a formarsi le prime stelle che hanno sintetizzato i primi elementi chimici e, concludendo il loro ciclo evolutivo come supernovae, li hanno disseminati nello spazio circostante. Questi metalli sono andati a mescolarsi al gas da cui si sono formate altre stelle delle generazioni successive, in un ciclo continuo che ha portato al progressivo arricchimento degli elementi nell’Universo.
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Campo stellare con indicata la stella SDSS J1035+0641, la più povera di metalli nello studio e una delle stelle più antiche che si conoscano
Le tre stelle sono state individuate passando al setaccio un campione iniziale di oltre 182.800 astri appartenenti al catalogo della Sloan Digital Sky Survey. Via via la ricerca si è affinata, fino a ridursi a un centinaio candidati su cui sono state condotte osservazioni spettroscopiche con gli strumenti X-Shooter e UVES installati al Very Large Telescope dell’ESO. Dai risultati è emerso che due di queste stelle possiedono una abbondanza di ferro bassissima, circa centomila volte più bassa di quella del Sole e quindi originatesi da gas quasi primordiale. Per i ricercatori è la caratteristica che le rende le stelle più antiche che conosciamo.
Le stelle scoperte dal team di ricercatori hanno però una caratteristica sorprendente. Pur essendo vecchissime e perfettamente collocabili dal punto di vista temporale nell’epoca oscura, la loro massa è più piccola di quella del nostro Sole. Per Piercarlo Bonifacio «la sola esistenza di queste stelle dimostra che il meccanismo di formazione delle primissime generazioni stellari deve necessariamente portare anche all’origine di stelle di piccola massa come il nostro Sole e anche più piccole già nell’epoca oscura, cosa che non ci aspettavamo fosse possibile». Scandagliando le abbondanze relative degli altri elementi emerge invece che le tre stelle di contro possiedono una elevatissima abbondanza di carbonio accompagnata da una sostanziale assenza di elementi più pesanti del ferro.
« Queste stelle antichissime appartengono ad una classe speciale di astri, con molto carbonio ma poco o nulla di elementi pesanti a cattura neutronica. Una classe di stelle di cui con Bonifacio abbiamo scoperto il prototipo nel 1998. E ammetto che mi piace molto l’idea che tutte le stelle più antiche formatesi nell’Universo appartengano a questa classe » commenta Paolo Molaro. La presenza di un’elevata quantità di carbonio sembra essere un ingrediente fondamentale per agevolare la formazione di stelle di piccola massa, grazie alla sua capacità di raffreddare il gas nella fase di contrazione gravitazionale. Ma anche in questo caso c’è un’eccezione: la stella SDSS J102915+172927, scoperta dallo stesso gruppo nel 2011 (http://www.media.inaf.it/2011/08/31/la-stella-che-non-dovrebbe-esserci/), a ricordarci che le cose non sono sempre semplici.
11834
Schema dell’epoca delle “Dark Ages” corrispondente alle prime centinaia di milioni di anni della storia dell’Universo, dall’epoca della ricombinazione (da cui proviene la radiazione cosmica di fondo) alla reionizzazione dell’Universo ad opera delle prime stelle. Immagine di Amanda Smith
Lo studio degli elementi chimici in questi oggetti primordiali apre nuovi scenari sulla formazione delle prime stelle. Esse non si sono formate da sole ma a gruppi, in piccoli aloni di gas. Quando le stelle più massicce hanno terminato il loro ciclo evolutivo con esplosioni, alcune di queste sono state relativamente deboli. In questo caso la gran parte della materia è ricaduta nel buco nero originato dal nucleo stellare mentre la materia sfuggita appartiene agli strati esterni composti principalmente da elementi leggeri come il carbonio o ossigeno. Questi sono precisamente gli elementi che si osservano in grande abbondanza nelle tre nuove stelle.
Mistero risolto quindi? Solo in parte. L’indagine mostra che, in queste stelle, a mancare non sono solo gli elementi chimici pesanti, ma anche il litio, che è l’elemento più leggero dopo l’elio. Secondo le teorie che descrivono la formazione dell’Universo, nei primi tre minuti dal Big Bang si sarebbe prodotta una frazione significativa di litio, che dunque avrebbe dovuto essere presente nelle atmosfere di queste stelle (http://www.media.inaf.it/2014/12/11/il-punto-sui-primi-tre-minuti/), pur antichissime. Cosa che invece non trova riscontro nelle due stelle scoperte. «Un ulteriore mistero che rende ancora più affascinanti queste stelle che provengono dal più remoto passato» conclude Marco Limongi.
Per saperne di più:
l’articolo (http://arxiv.org/abs/1504.05963) TOPoS: II. On the bimodality of carbon abundance in CEMP stars – Implications on the early chemical evolution of galaxies di Piercarlo Bonifacio et al. in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics
la notizia (http://www.insu.cnrs.fr/node/5323) pubblicata sul sito dell’INSU-CNRS (in francese)
Articolo originale QUI (http://www.media.inaf.it/2015/05/26/un-po-di-luce-sull-epoca-oscura/).