In un curioso ed interessante articolo apparso su UniverseToday, l’autore Evan Gough descrive la situazione attuale di Marte, sulla cui superficie sono presenti parecchi moduli e artefatti di decine di missioni spaziali che nel corso degli anni sono atterrate sul pianeta rosso, lasciando dei ricordi, che tutto sommato fra qualche anno diventeranno parte dell’archeologia marziana.
Ricordo la differenza tra la situazione sulla Luna rispetto a quanto accade su Marte.
Tutte le missioni spaziali sul nostro satellite hanno bene o male lasciato sul suolo lunare loro ricordi , che rimarranno immutabili per millenni se non eoni, dal momento che sulla Luna non esistono venti in superficie, per l’assenza dell’atmosfera : l’unica possibilità di mutamenti potrebbe accadere a causa di terremoti o impatti di meteoriti o peggio, altamente improbabili.
Ben diversa è la situazione su Marte, laddove esiste un’atmosfera e la superficie è spesso interessata da venti che trasportano nuvole di terriccio rosso. Questo fatalmente ricopre tutto quanto incontri, soprattutto i pannelli solari delle sonde atterrate, che dopo un po’ non possono più fornire energia alla strumentazione di bordo, se non opportunamente ripuliti.
Perciò sulla Luna l’archeologia lunare non corre gravi pericoli, mentre su Marte si potrebbe un domani arrivare ad interventi per preservare quanto faticosamente e costosamente utilizzato nelle missioni spaziali.
Lascio dunque la parola all’autore, già incontrato altre volte, e la mia traduzione come sempre è fatta in modo ragionato e non certo automatico e men che meno artificiale, sfruttando uno dei tanti alieni radicati oramai nelle nostre chat. Statene pur certi!
Un po’ di storia : le premesse
Nel 1971 il lander sovietico Mars 3 è stata la prima sonda ad atterrare su Marte, durando appena una manciata di muniti prima di fallire la missione. Dopo più di 50 anni si trova ancora lì, nella Terra Sirenum. E proprio la telecamera ad alta risoluzione HiRISE dell’MRO (Mars Reconnaissance Orbiter della NASA) potrebbe aver fotografato parte del suo hardware, dando il via a quello che potrebbe diventare il nostro sforzo a catalogare i nostri artefatti marziani.
Un voce seria si fa avanti
(ndr : l’autore si domanda se… ) È il caso di cominciare a catalogare ed anche conservare questi artefatti al punto da poter conservare anche la nostra storia? Alcuni antropologi pensano di sì : Justine Holcomb, antropologo dell’Università del Kansas, è dell’idea di cominciare a prendere seriamente l’archeologia marziana e l’ha scritto in questa pubblicazione su Nature Astronomy.
Gli artefatti, frutto dello sforzo umano di esplorare Marte, sono sparpagliati in vari punti sulla superficie marziana : è allettante chiamare rottami i residui dei relitti di missioni fallite o di mondezza spaziale, così come facciamo (ndr : o dovremmo fare… ) con rottami in orbita intorno alla Terra.
Ma oggetti come i paracadute o scudi termici sono qualcosa in più di rottami (ndr : perché non ci sono marzianini che protestano!! ) così come lo sono altri scarti che archeologi setacciano sulla Terra.
Holcomb aggiunge “Queste sono le prime prove della nostra presenza ed anche se molti scienziati parlano di questi oggetti come di spazzatura spaziale, qui si tratta di distinguere tra la spazzatura che andrebbe rimossa o un patrimonio che va conservato : c’è una grossa differenza”.
Missioni su Marte
Finora 14 missioni su Marte hanno lasciato artefatti sul suolo marziano e questo comporta l’inizio dell’archeologia marziana e gli archeologi affermano che “Siti archeologici marziani comprendono quelli di atterraggio o di schianto, laddove si trovano artefatti quali sonde, lander, rover e una gran quantità di detriti scaricati durante l’atterraggio quali reticolati, paracaduti, pezzi di ruote di alluminio (per esempio del rover Curiosity) , le coperte di protezione termica e gli scudi”.
In questa immagine possiamo vedere i 14 siti di altrettante missioni su Marte :
- MER A e MER B sono Spirit e Opportunity
- (b) VIKING-1
- (c) tracce create dal rover Perseverance
- (d) residui in dacron utilizzati in coperte termiche e fotografate dal rover Perseverance
- (e) il lander Tianwen-1 ed il rover Zurong, cinesi, nell’Utopia Planitia meridionale, fotografati dall’HiRISE
- (f) il sito in cui si è schiantato il lander Schiaparelli ExoMars dell’ESA, nel Meridiani Planum
- (g) immagine della sonda Mars 3 del Soviet Mars Program
- (h) il lander Phoenix della NASA con un DVD in primo piano
Le Nazioni Unite mantengono un elenco degli oggetti lanciati nello spazio, chiamata “Register of Objects Launched into Outer Space” (ndr : che trovate a questo indirizzo ) : in questo elenco, creato nel 1976, sono indicate le nazioni responsabili dei vari oggetti nello spazio e si vede che sono registrate circa l’88% delle missioni con equipaggio, elementi della ISS, satelliti, sonde e lander.
Qualcosa è stato fatto, ma poco
Il team del rover Perseverance sta documentando tutti i detriti che a mano a mano incontra, per essere sicuri che non contaminino i siti (ndr : ma se l’hanno già contaminati, c’è poco che si possa fare, ora ) e che non siano pericolosi per le future missioni umane.
Uno studioso, Cagri Kilic, ha calcolato che ci sono più di 1700 kg (ndr: per la precisione 15694 pound, in unità di misura non standard ) di detriti su Marte, escludendo le sonde attive : alcuni di questi sono scarti sparsi in giro dal vento e rotti in pezzi più piccoli, ma ci sono anche parti di detriti più grandi e 9 sonde intatte ma non operative.
Kilic afferma che “A parte il lavoro del team del Perseverance, non esiste una strategia sistematica che preveda documentazione, mappatura e traccia di tutto questo patrimonio su Marte, oltre a scavo e conservazione, specie se esportiamo il nostro materiale all’interno del Sistema Solare”.
Holcomb conclude ripetendo che “i detriti delle sonde sono testimonianza dei nostri tentativi di esplorare non solo Marte ma l’intero Sistema Solare : una qualsiasi distruzione seppur involontaria di queste testimonianze sarà permanente”. (ndr : mi sta cominciando a convincere… )
Testimonianze nel Sistema Solare
Holcomb e gli altri correlatori affermano che “bisogna assolutamente conservare cose quali la prima impronta di Neil Armstrong sulla Luna,
il primo impatto sul suolo lunare della sonda sovietica Luna 2 ed anche la missione sovietica Venera 7, la prima sonda atterrata su un altro pianeta : questa è un’eredità che dobbiamo condividere come umanità.
Questi esempi sono tante prime volte per l’umanità ed auspichiamo che nell’ottica di una nuova era di esplorazione, gli scienziati planetari, gli archeologi e i geologi congiungano i loro sforzi per proteggere queste risorse culturali”.
Sappiamo bene, purtroppo, che ci sono state parecchie testimonianze negative a riguardo, particolarmente durante la colonizzazione europea di nuovi mondi.
Ma ora che siamo ancora all’inizio di questa esplorazione del Sistema Solare abbiamo la grande opportunità di agire per il meglio sin da subito, anche se ci vorrà molto lavoro e nasceranno parecchi dibattiti sulla conservazione durante le future esplorazioni spaziali.
(ndr : convincente, no?! )
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