Il nostro Universo si sta espandendo, e in epoche recenti ha iniziato a espandersi in maniera accelerata. Secondo gli scienziati, la spiegazione migliore per questa accelerazione è che esista una componente chiamata energia oscura. Quale sia la natura di questa energia rimane, come dice il suo nome, un mistero.
Per cercare di avvicinarsi a una risposta a questo enigma, un team di ricercatori della University of British Columbia in Canada ha affrontato uno dei problemi più scottanti della fisica contemporanea: l’apparente incompatibilità tra la meccanica quantistica e la teoria della relatività generale di Einstein.
Lo studio, guidato dal dottorando Qingdi Wang, è stato pubblicato di recente sulla rivista Physics Review D. I ricercatori propongono un nuovo punto di vista, suggerendo che, se fosse possibile zoommare l’Universo, ci renderemmo conto che è costituito da fluttuazioni continue di spazio e tempo.
«Lo spazio-tempo non è così statico come sembra, è in continuo movimento», dice Wang. «Quella che proponiamo è una nuova idea», aggiunge Bill Unruh, professore di fisica e astronomia che ha supervisionato il lavoro di Wang. «La nostra idea si muove in un campo dove da parecchio tempo scarseggiano le proposte per affrontare in maniera nuova questo problema».
Per comprendere al meglio la portata di questo studio, abbiamo chiesto un commento ad Alessandro Gruppuso, ricercatore dell’INAF a Bologna, presso l’Istituto di astrofisica spaziale e fisica cosmica. «L’universo si sta espandendo e dal 1998, grazie alle osservazioni delle supernove di tipo Ia che valsero il premio nobel per la fisica nel 2011 a Perlmutter, Schmidt e Riess, sappiamo che lo fa in maniera accelerata. Quello che non sappiamo è cosa spinga l’universo a innescare questa accelerazione», dice Gruppuso.
«Il modo più semplice è quello di considerare nelle equazioni di Einstein una costante cosmologica. La stessa che Einstein, per altri motivi, aveva introdotto nel suo modello cosmologico nel 1917 e che aveva definito come l’errore più grande della sua vita. L’introduzione di tale costante, che tipicamente i cosmologi indicano con la lettera greca lambda, è in grado di spiegare le osservazioni astrofisiche e cosmologiche, ma porta anche con sé problemi teorici importanti», aggiunge. «Dal punto di vista matematico, lambda equivale esattamente a una componente di vuoto quantistico. Il che porterebbe naturalmente i fisici teorici e i cosmologi a interpretare l’attuale accelerazione dell’universo come dovuta a un puro effetto di vuoto quantistico. Fin qui nessun problema, anzi. La difficoltà nasce quando si calcola da principi primi quale dovrebbe essere il valore numerico della costante cosmologica: si scopre, con un certo imbarazzo, che le osservazioni sono più basse anche di 120 ordini di grandezza rispetto alla predizione teorica. Stephen Hawking ha scherzato sulla cosa definendola come “il fallimento più spettacolare di una teoria fisica nella storia”. In altre parole, se dominasse il vuoto quantistico allora l’universo si dovrebbe espandere molto più rapidamente di quanto le osservazioni ci dicono».
«L’articolo di Wang, Zhu e Unruh si inserisce in questo contesto: la loro idea è quella di ammettere che il vuoto quantistico in generale differisce da una costante cosmologica ma solo a piccole scale. A grandi scale, ovvero a distanze cosmologiche, interverrebbero effetti di cancellazione tali da indurre un’espansione accelerata molto più “lenta” come le varie osservazioni ci dicono. Se confermato», conclude Gruppuso, «questo risultato sarebbe ovviamente molto importante in quanto risolverebbe uno dei problemi attualmente più importanti della fisica fondamentale».
Per saperne di più:
- Leggi su Physics Review D l’articolo “How the huge energy of quantum vacuum gravitates to drive the slow accelerating expansion of the Universe” di Qingdi Wang, Zhen Zhu, and William G. Unruh
Articolo originale QUI.
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