La caccia a sistemi di esopianeti che possano essere considerati dei facsimile dell’accopiata Terra-Sole si fa sempre più serrata. E’ una continua, appassionante rincorsa tra i vari gruppi di ricerca che affinano le loro armi, fatte di telescopi, camere a immagini, spettrografi, algoritmi di calcolo, e ovviamente tantissimo lavoro, per avvicinarsi all’ambitissimo traguardo.

Il 23 Luglio 2015 la NASA, nel corso di una conferenza stampa annuncia la scoperta di un pianeta, dal diametro inferiore al doppio di quello terrestre, e che si trova ad orbitare intorno ad una stella straordinariamente simile al Sole. E, per completare il quadro, la distanza tra pianeta e stella madre è la stessa di quella che separa la Terra dal Sole. Il pianeta si trova dunque in zona abitabile, almeno secondo la classificazione astronomica.
La scoperta viene presentata nell’ambito del nuovo catalogo rilasciato dal team della missione Kepler, che aggiunge 500 nuovi candidati esopianeti ai quasi 4200 già individuati dall’osservatorio orbitante della NASA in quattro anni di attività, e nonostante i suoi recenti problemi operativi.
«Questo catalogo contiene la nostra prima analisi di tutti i dati di Kepler, nonché una valutazione automatizzata di questi risultati», dice Jeffrey Coughlin, scienziato del SETI Institute che ha guidato il lavoro per realizzare il nuovo catalogo. «Tecniche più efficienti di analisi consentiranno agli astronomi di determinare meglio il numero di pianeti piccoli e freddi che sono i migliori candidati per ospitare la vita». Il telescopio spaziale Kepler identifica i possibili pianeti osservando diminuzioni periodiche nella luminosità delle stelle. Tuttavia, la conferma che questi fenomeni siano associati effettivamente al transito di pianeti davanti alla loro stella madre richiede osservazioni da parte di altri strumenti, in genere alla ricerca di piccoli spostamenti nel movimento dei delle stelle. Va comunque ricordato il fatto che la stragrande maggioranza dei candidati scoperti da Kepler si sono poi rivelati essere effettivamente dei pianeti.
Il nuovo catalogo comprende 12 candidati, il cui diametro è meno di due volte quello della Terra, in orbita nella cosiddetta zona abitabile della loro stella. In questa zona il flusso di energia emesso dall’astro è tale da permettere l’esistenza dell’acqua allo stato liquido qualora sia presente sulla superficie di un pianeta. Tra questi candidati, Kepler 452b è senza dubbio il più interessante, poiché orbita attorno ad una stella dalle caratteristiche molto simili al nostro Sole: rispetto ad essa è solo il 4 per cento più massiccia e il 10 percento più luminosa. E in più Kepler 452b orbita intorno alla sua stella a una distanza di circa 150 milioni di chilometri, praticamente la stessa che separa la Terra dal Sole.
«Nonostante abbia concluso l’acquisizione di dati scientifici ormai da un paio di anni, la missione Kepler continua a riservare nuove eccitanti sorprese!» commenta Alessandro Sozzetti, ricercatore dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino. «Tra i candidati pianeti transitanti individuati dall’ultima analisi dei dati della missione, Kepler-452b non si trova solamente alla distanza giusta, ma è stato finalmente individuato attorno a una stella davvero vicina come caratteristiche al nostro Sole. In termini di somiglianza alla nostra Terra, Kepler-452b batte Kepler-22b, il primo ‘gemello’ del nostro pianeta scoperto da Kepler quattro anni fa. La procedura di validazione dei dati Kepler sfortunatamente permette solo di verificare che l’oggetto non è un ‘impostore’ (o falso positivo) e di determinarne con precisione il raggio. Per comprendere esattamente quale sia la sua composizione, e finalmente stabilire se sia davvero un pianeta di tipo roccioso come la nostra Terra, è necessaria una misura della sua massa (che combinata con una misura del raggio dà accesso a una stima della densità dell’oggetto), che può avvenire solo indirettamente misurando le variazioni periodiche nel moto stellare indotte dal pianeta. Per Kepler-452b, l’ampiezza di tale moto è probabilmente dell’ordine di 10 cm/s, un ordine di grandezza inferiore allo stato dell’arte (1 m/s) oggi raggiunto con strumenti quali quello dell’INAF HARPS-N sul Telescopio Nazionale Galileo. La misura effettiva della massa di Kepler-452b è quindi un obiettivo non semplice da realizzare! Richiederà innovazioni tecnologiche per spingere la precisione delle misure ben oltre i limiti odierni. Ulteriori vantaggi potranno venire nel decennio futuro dalla possibilità di individuare pianeti transitanti come Kepler-452b ma attorno a stelle più brillanti e più vicine al nostro Sole rispetto a quelle osservate da Kepler, che verrà fornita dalla missione PLATO di ESA, il cui lancio è previsto nel 2024».

Kepler-452b è ad oggi il pianeta con le condizioni orbitali e dinamiche più simili alla Terra. Non facciamoci però troppe illusioni. Si tratta prima di tutto di un pianeta che sta probabilmente andando incontro alla sua fine a causa del fatto che la stella che lo ospita è più vecchia del Sole (di circa 1,5 miliardi di anni). Kepler-452b è quindi più che un gemello, un cugino più anziano della Terra, che potrebbe aver ospitato la vita in passato. Sfortunatamente però la stella che lo ospita non è molto vicina a noi, ma si trova a circa 1400 anni luce di distanza, nella costellazione del Cigno, campo inquadrato dal satellite Kepler. Si tratta infatti di una stella con una luminosità apparente piuttosto ridotta, e che pertanto non offre importanti possibilità di studi condotti con strumenti da terra a causa della debole emissione di luce che riesce a raggiungerci. In pratica dunque, questo non ci offre nulla di particolarmente importante da aggiungere a quanto già si era scoperto, anche se l’entusiasmo dimostrato dagli scienziati della NASA che hanno contribuito al lavoro sia certamente comprensibile.
Infatti, per caratterizzare a dovere l’atmosfera di questo pianeta, il che richiede ricorrere a studi di natura spettroscopica che sono fondamentali per capire come l’atmosfera sia composta e se ci sono effettivamente gli elementi necessari alla possibile presenza di vita, dovremo aspettare l’avvento del nuovo telescopio spaziale James Webb, il cui lancio in orbita è previsto per il 2018. James Webb succederà Hubble nell’osservazione dello spazio profondo e degli oggetti che popolano la Via Lattea, inclusi i pianeti extrasolari. Sarà inoltre anche la nuova missione NASA TESS, ancora una volta mirata alla ricerca di pianeti extrasolari ed il cui lancio avverrà nell’Agosto 2017, a focalizzare l’attenzione su stelle brillanti ed in prossimità del nostro Sole, con la differenza che rispetto a Kepler, TESS ci permetterà di osservare tutta la volta celeste, aumentando così notevolmente le possibilità di trovare interessanti sistemi extrasolari non molto distanti da noi e che potranno essere studiati in dettaglio anche con gli osservatori astronomici sulla Terra.

In figura vediamo un confronto tra due sistemi planetari scoperti da Kepler, ed il nostro Sistema Solare. Come abbiamo già visto, Kepler-452 ospita un pianeta che risulta essere all’interno della zona abitabile, anche se in prossimità del limite caldo, cioè della zona in cui l’energia irradiata dalla stella diventa troppo elevata per permettere all’acqua di sussistere allo stato liquido. L’altro sistema a confronto è invece quello di Kepler-186, il cui pianeta Kepler-186f è stato il primo pianeta di dimensioni simili alla Terra ad essere scoperto in un sistema extrasolare, in questo caso costituito da un piccola stella fredda cioè una nana rossa. Kepler-186f è al contrario di Kepler-452b ai limiti della zona fredda, anche se pur sempre nella zona abitabile.
In definitiva quello che dobbiamo aspettarci nei mesi e negli anni a seguire è l’arrivo di numerose scoperte di altri interessanti pianeti extrasolari, che saranno di dimensioni e caratteristiche dinamiche ed evolutive sempre più paragonabili a quelle terrestri, e anch’essi in zone abitabili ma orbitanti intorno a stelle simili al nostro Sole che possano essere molto più alla nostra portata, cioè vicine. L’esoplanetologia è un campo oramai in grande sviluppo e che ci riserverà importanti scoperte, probabilmente già entro i prossimi anni!
Di seguito l’animazione fornita da NASA e Media INAF:
L’articolo originale è stato pubblicato da Marco Galliani su Media INAF, e di seguito integrato dal sottoscritto.
La prestampa elettronica dell’articolo scientifico è disponibile QUI.
Commenta per primo!
Aggiungi un Commento