Guardando sottoterra, anzi… sottoluna

La missione GRAIL, lanciata nel 2011 ha svolto un lavoro encomiabile sulla Luna. Composta da due sonde poste su una stessa orbita ha permesso, studiando le variazioni della loro distanza reciproca, di mappare il sottosuolo lunare e quantificare al meglio le fasi evolutive più antiche del nostro satellite e di tutti i pianeti interni. Eppure, quanti tra coloro che sbavano dietro Curiosity conoscono l’esistenza di GRAIL?


Non è certo una novità che le due facce della Luna siano molto diverse tra loro. Entrambe sono caratterizzate dai segni del bombardamento dovuto ad asteroidi e comete nelle fasi più violente del Sistema Solare e quindi devono essere state entrambe colpite da proiettili simili per numero e dimensioni. Se la differenza non dipende dai visitatori esterni, deve essere dovuta a un qualcosa legato direttamente alla superficie lunare. Questa è un’ovvietà che era stata pensata fin da subito, non appena la faccia nascosta aveva svelato il suo volto. Una cosa è però capire il motivo e un’altra e quantificarlo. Le ipotesi sono state molteplici e riguardavano i vari meccanismi di risposta a un proiettile in arrivo con una certa velocità e energia. Il problema rimaneva quello di costruire un modello valido che tenesse conto dei risultati osservativi, ossia che implicasse trasformazioni diverse dell’energia rilasciata dagli impattori nelle due facce lunari.

I grandi bacini da impatto che l’uomo ha interpretato in mille modi diversi durante la sua esistenza, sono stati causati da impatti asteroidali talmente violenti da riuscire a portare in superficie materiale fuso dal mantello e coprire larghe  zone di territorio. Le interpretazioni sulle possibili differenze di questi bacini di lava si sono sempre scontrate con un problema di base: la misura delle esatte dimensioni dei bacini.  Senza essere sicuri di questo, era veramente difficile scrivere teorie che spiegassero le differenze tra le due facce. Proprio il fatto di essere ricoperti dalla lava rendeva impossibile misurare le dimensioni dei crateri originali, dato fondamentale per poter costruire teorie più precise. La lava, insomma, aveva coperto le caratteristiche del terreno sottostante, l’unico che poteva svelarci le condizioni iniziali.

La missione GRAIL è riuscita a leggere sotto la lava, proprio perché è stata costruita per descrivere la struttura interna del nostro satellite. I suoi scopi sono molteplici. Quello più importante è creare una mappa della distribuzione delle masse e della gravità interna del satellite e quindi del suo campo gravitazionale globale. Come ovvia ricaduta, anche sapere ciò che è nascosto dalla lava. In parole povere, GRAIL ha determinato con esattezza le vere dimensioni dei bacini d’impatto. Il risultato conferma quanto si poteva stimare a occhio, ma ha quantificato la vera differenza. Questo punto è essenziale per tentare spiegazioni  esaurienti sulle fasi più antiche della Luna. Se si vogliono realmente confrontare due castagne è meglio che prima si tolga la buccia a entrambe!

Ripeto ancora un concetto che potrebbe trarre in inganno chi ha una visione molto approssimativa della Scienza. Se vedo da lontano due persone, posso dire subito che uno è più alto dell’altro e/o se uno è più grasso. Tuttavia, se voglio studiare la loro salute nei dettagli, è necessario che misuri la loro altezza e il loro peso con grande accuratezza. GRAIL ha fatto proprio questo, riuscendo a “vedere” sotto la coperta lavica che nascondeva le vere dimensioni dei bacini.

A questo punto si può veramente cominciare a ragionare sulle motivazioni: da un lato abbiamo quantificato la differenza e dall’altro continuiamo a mantenere costante il flusso di impattori, come ha ampiamente avvalorato la meccanica celeste più moderna.

Già si poteva facilmente intuire che la temperatura della faccia lunare rivolta verso di noi era più calda di quella opposta. Ciò implicava che la quantità di elementi radioattivi, quali il torio e l’uranio, dovevano essere più abbondanti nel lato a noi più vicino (abbiamo appena parlato di riscaldamento e raffreddamento planetario). Ne consegue anche che la faccia verso la Terra doveva aver subito un’attività vulcanica maggiore di quella del lato opposto.

I modelli hanno quindi simulato differenti condizioni dello spessore della costa superficiale basandosi su temperature diverse e confrontando le conclusioni con i dati osservativi resi disponibili dalla visione sotterranea di GRAIL. Si è stabilito quantitativamente che, a parità di flusso di proiettili, l’impatto su una crosta più calda, rappresentativa di quella originaria della Luna, poteva aver prodotto bacini due volte più grandi di quelli su una superficie più fredda. Dalle loro dimensioni odierne si è, così, stabilito un modello termico della Luna primitiva. Ripeto ancora,  per poter arrivare a questo punto era necessario conoscere con esattezza le dimensioni dei bacini, “eliminando” la lava che li ricopriva.

mappa gravitazionale della Luna
Mappa dello spessore della crosta lunare derivata dai dati della missione GRAIL. A sinistra il volto lunare che ben conosciamo, a destra quello nascosto. Fonte: NASA/JPL-Caltech/S. Miljkovic

GRAIL ha inoltre gettato una luce molto più chiara sulla fase del bombardamento tardivo, relativo a circa 4 miliardi di anni fa. Esso si basava sui dati relativi ai bacini della faccia lunare “terrestre” e alle zone adiacenti. Tuttavia, adesso, sappiamo con sicurezza che il lato verso di noi non è rappresentativo della temperatura globale della Luna e riusciamo finalmente a quantificare la differenza con sufficiente precisione. Le analisi precedenti avevano quasi sicuramente portato a una sovrastima del bombardamento reale. In altre parole, gli effetti erano stati ingigantiti da una crosta più morbida e più sottile, dovuta a una temperatura più alta. Ne consegue  che la distribuzione dei crateri da impatto del lato opposto è molto più indicativa del reale flusso di proiettili che ha investito tutto il sistema solare interno. Un fenomeno importantissimo perché ha scandito una fase evolutiva di primaria importanza.

La missione GRAIL si divide in due sonde, GRAIL A e GRAIL B, che hanno operato su un’orbita polare circolare a un’altezza di circa 55 km. L’orbita è stata raggiunta gradatamente e modificata per meglio “sentire” le variazioni del campo gravitazionale. Durante la fase lavorativa principale, la distanza tra le due navicelle cambiava leggermente a causa della maggiore o minore gravità causata da strutture macroscopiche come crateri e montagne e/o da grandi masse nascoste sotto la superficie. Un lavoro di coppia che leggeva ogni piccola variazione della gravità locale. Ovviamente, la Luna ruotava lentamente sotto di loro, in modo da permettere una mappatura completa.

GRAIL A e B
Le due sonde, GRAIL A e B, viaggiano sulla stessa orbita polare, ma la loro distanza reciproca varia in funzione delle masse visibili e sotterranee della Luna. Comunicando tra loro e mandando i dati a terra è stato possibile fare una mappa completa del campo gravitazionale della Luna e delle masse superficiali e sotterranee che la caratterizzano. Fonte: NASA/JPL-Caltech

Per comprendere meglio il significato di una missione di questo tipo basta pensare nuovamente alla precessione. Ipparco aveva capito il fenomeno e aveva anche quantificato abbastanza bene i suoi effetti. Soltanto lo sviluppo della meccanica celeste ha, però, permesso di descrivere e prevedere perfettamente il moto di precessione e le sue ricadute più o meno sottili. Possiamo dire che la meccanica celeste non ha dato nessun aiuto alla precessione, dato che già si conosceva in modo piuttosto empirico? Scienza non è solo scoprire una stella con sette punte invece che con cinque. Non è solo la ricerca di uno “scoop”, ma anche -e soprattutto- miglioramento continuo dei dati osservativi e delle condizioni al contorno, necessarie a costruire modelli evolutivi sempre più plausibili.

GRAIL ha dato una mano fondamentale per comprendere eventi fondamentali del nostro passato remoto. E lo ha fatto molto meglio con due sonde poste a 55 km dal satellite che mandando una schiera di eroi intrepidi a girovagare e a scavare tra un cratere e l’altro. Eppure, di GRAIL quasi nessuno parla, mentre si sbava sperando in nuove missioni lunari di insignificante importanza scientifica. A meno di non mandarci un “rabdomante” che con il suo pendolino sia capace di “mappare” ciò che sta sotto la superficie calpestabile!

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di Vincenzo Zappalà – tratto da: L’Infinito Teatro del Cosmo

Informazioni su Stefano Simoni 639 Articoli
Di professione informatico, è nato e vive a Roma dove lavora come system engineer presso una grande azienda nel settore IT. E' l'ideatore e sviluppatore di Astronomia.com, portale nato dal connubio tra due delle sue più grandi passioni: "bit" e stelle. Da anni coltiva l’interesse per la progettazione e lo sviluppo di siti web aderenti agli standard e per il posizionamento sui motori di ricerca.