Le supernove sono l’atto finale della vita di stelle molto massicce, quando il motore che controbilancia la forza di gravità (che tende a comprimere la stella) e quella derivante dalla fusione di elementi sempre più pesanti (che tende a espanderla), non riesce più a mantenersi in equilibrio. La stella collassa e gli strati esterni vengono lanciati verso lo spazio. Si forma una supernova, oggetto talmente energetico da risplendere di una luce comparabile con quella della galassia di cui fa parte.
Vi sono vari modi per giungere a una supernova. Quello che è servito a studiare l’espansione dell’Universo in tempi recenti, si basa sulle supernove di tipo Ia. Esse fanno parte di un sistema binario e sono nane bianche, ossia stelle come il nostro Sole dopo che hanno terminato la loro vita producendo le magnifiche nebulose planetarie. Una nana bianca rimane in condizioni stabili e anonime fino a che non supera la massa di Chandrasekhar, pari a 1,4 volte la massa del Sole. In quelle condizioni non riesce a mantenere la sua stabilità ed esplode come supernova. Come può succedere tutto ciò? Facile. La stella compagna della $nana bianca$ continua a rifornire di materiale quest’ultima fino a che essa non arrivi a superare il limite di massa ed esplodere.
E’ facile capire la loro importanza per effettuare misure nell’Universo. Esse, quando esplodono, devono avere una luminosità molto simile tra loro, originandosi da stelle che hanno tutte la stessa massa (più o meno). Le differenze di luminosità che si vedono tra le varie supernove di tipo Ia saranno quindi dovute solo e soltanto alla loro distanza da noi. Le supernove appartengono a galassie diverse e, come conseguenza, misurare la luce e la distanza delle supernove vuole anche dire misurare la distanza delle varie galassie rispetto a noi. In altre parole, le supernove di tipo Ia sono “fari” costanti dell’Universo, in grado di mostrarci le distanze relative tra i vari oggetti.
Oggi non abbiamo problemi a vedere supernove a varie distanze da noi, a maggior ragione quelle che sono abbastanza giovani e vicine, ossia appartenenti a galassie relativamente vicine, la cui luce ci raggiunge dopo un tempo relativamente breve. Esse rappresentano quindi un esempio di galassie che si riferiscono con buona approssimazione allo spazio e al tempo di oggi.

La formazione di una supernova di tipo Ia, in un sistema binario formato da una $nana bianca$ che “ingoia” il materiale che strappa a una stella gigante, sua compagna. Quando la massa arriva a un certo limite, la $nana bianca$ esplode e la supernova brilla di luce intensissima e abbastanza costante in ogni luogo essa avvenga.
Lo studio di una cinquantina di galassie e delle supernove in esse contenute ha quindi permesso agli scienziati di avere un mappa di esse e -soprattutto- di capire a che velocità si allontanano le une dalle altre. La scoperta (da premio Nobel) è stata l’aver trovato che la velocità di allontanamento tra loro è superiore a quanto previsto dalla teoria. In altre parole, l’Universo si sta espandendo molto più velocemente di quanto facesse qualche miliardo di anni fa.
Perché tutto ciò sta capitando? La scienza è ancora incerta sulle vere cause di questa accelerazione, e ha introdotto la famosa energia oscura, la quale dovrebbe creare proprio una forza contraria alla gravitazione che tenderebbe a compattare l’Universo. Se ciò fosse vero andremmo incontro a un Universo in rapida espansione e tra parecchi miliardi di anni le distanze relative tra le galassie saranno talmente grandi da non riuscire più a vedersi una con l’altra.
Noi vedremmo solo le stelle della nostra galassia e le galassie del nostro gruppo locate (tra cui Andromeda con la quale andremo a unirci tra qualche miliardo di anni), ma tutto il resto sembrerebbe vuoto. Uno Spazio futuro sempre più diluito, un freddo sempre più intenso.
Se, invece, l’Universo tendesse a concentrarsi, vedremmo sempre più galassie e alla fine si riunirebbe tutto in una specie di Big Bang al contrario, raggiungendo temperature terrificanti.
Capite quindi l’importanza di certi studi? Un premio Nobel ad un lavoro di osservazione accurato e preciso, non a una teoria innovativa e rivoluzionaria.
I vincitori:
Saul Perlmutter (n. 1959), Università della California, Berkeley, USA
Brian P. Schmidt (n. 1967), Università naz. Australiana, Weston Creek, Australia
Adam G. Riess (n. 1969), Space Telescope Science Institute, Baltimora, USA
Francamente mi sembra un premio troppo prematuro e per una scoperta in fin dei conti molto marginale e che, leggevo in un commento di M. Hack, potrebbe essere basata su calcoli sbagliati o mal interpretati.
E qui lancio una provocazione “atomica”: Zappalà, che ne pensa di questo articolo: http://www.haltonarp.com/articles/intrinsic_redshifts_in_quasars_and_galaxies.pdf? Non mi dica che l’autore è un truffatore, come quelli dell’IPCC per favore, però!
Caro Enzo,
chissà se riesci, come al solito a chiarirmi un dubbio
Queste supernove esplodono all’interno della loro Galassia, quindi la loro luminosità puo essere parzialmente schermata? Se sì come se ne tiene conto.
Anche perché questa eventuale diminuzione corrisponderebbe ad un aumento della velocità di espansione.
Grazie e complimenti per l’articolo
Buon giorno a tutti,
seguo da tempo il sito, che devo dire è veramente di ottimo livello, ma è la prima volta che scrivo.
Non intendo in alcun modo innescare polemiche ma vorrei spezzare una lancia a favore dell’assegnazione di questo premio Nobel ricordando innanzi tutto che i tre ricercatori appartengono in effetti a due distinti gruppi di ricerca che, utilizzando metodi estremamente differenti tra loro e ricercando a tutti gli effetti il dato opposto, sono giunti alla medesima conclusione. Inoltre la scoperta è avvenuta più di dieci anni fa anche se i due gruppi sono giunti alla loro conclusione pressoché contemporaneamente.
Sull’importanza della scoperta poi non si può che ritenerla epocale in virtù del peso che ha sui modelli cosmologici a mio parere.
Quest’estate ho avuto il piacere di leggere un ottimo libro che descrive bene questi eventi e che consiglio a tutti: L’Universo Oscuro di Richard Panek, La Biblioteca delle Scienze se ben ricordo allegato al numero di Agosto 2011 della rivista Le Scienze.
Cordiali saluti a tutti e ancora complimenti per il sito.
caro Gaetano,
ciò che dici potrebbe essere vero. Non credo ci sia un metodo per tenerne conto, ma probabilmente si cercano supernove che siani in zone libere delle galassie. E questo non è difficile notarlo attraverso osservazioni a varie lunghezze d’onda.
caro saverio,
che sia marginale direi proprio di no. E’ frutto di osservazioni lunghe, attente e calibrate anche se non deriva da una teoria. Ciò che dice Margherita mi sembra strano e vorrei sentirlo dire da lei direttamente e non attraverso i giornali. Sicuramente i dati possono essere in parte inesatti ed è per questo che solitamente si considerano gli errori probabili delle misurazioni (al contrario di come fa l’IPCC).
Il lavoro che indichi non mi sembra collegato al Nobel, ma devo leggerlo attentamente. A prima vista sembra riferirsi a redshift molto grandi e quindi fuori tema…
ottimo e puntuale commento Nicola! 😛
Benvenuto tra i … commentatori 😉
Caro enzo e blogger,da quanto o capito dai media stì 3 hanno vinto per una ricerca sull’accelerazione dell’espansione dell’universo,forse l’universo si espanderà x sempre,si raffredderà e moriranno le stelle e i pianeti ma a me pare esagerato dire che diventerà tutto ghiaccio e voi cosa ne dite?
Inoltre a me pare che già altri scenziati prima di loro hanno previsto e misurato l’espansione con conseguente raffreddamento del cosmo!
😯 Ciao a tutti
caro Raffaele,

le frasi sul ghiaccio dello spazio sono tipiche frasi della divulgazione mediatica. Già adesso le temperature tra galassia e galassia sono molto vicine allo zero assoluto (altro che ghiaccio!!!). Che poi si spenga tutto (stelle, galassie, ecc., ecc.) è cosa che potrebbe capitare anche senza espansione accelerata. Qundi dici perfettamente bene nella tua conclusione.
Il premio nobel è andato per il contributo sul futuro del cosmo in termini di accelerazione e quindi di supporto all’energia oscura. Sono anch’io d’accordo che non è un nobel dato a una ricerca geniale, ma a un lavoro di attenta misurazione. Non sempre vi sono pezzi da “novanta”. Quasi quasi mi ripeto… L’hanno dato ad Al Gore…
Anche quello di Obama non scherza 😈 😈
Come fanno gli strati esterni a essere espulsi se è la gravità a vincere e far collassare il tutto?!?
Grazie Enzo x le tue risposte sempre chiare e precise,ma sopratutto grazie a te e agli altri collaboratori del sito più bello dell’universo “Astronomia.com” che fate capire con bellissimi articoli le meraviglie del nostro maestoso universo!
Ciao a tutti! 🙂
@jumpjack: Nelle supernove di tipo II non collassa tutta la stella, ma solamente il nucleo.
Quando esso raggiunge il limite di Chandrasekhar (1,44 volte la massa del Sole) implode, e decade molto velocemente in una stella di neutroni.
Nel far questo, emette un’enorme impulso di energia che prende forma in una immensa onda d’urto.
A sua volta, l’onda d’urto va a interagire con gli strati superiori della stella, scagliandoli verso lo spazio e imprimendo loro l’energia e la densità che servono per innescare le reazioni nucleari di fusione.
In tal caso, oltre a produrre altra energia, si creano anche gli elementi più pesanti del ferro.
Infatti, gli elementi più pesanti del ferro (ferro compreso) si originano solo assorbendo energia, e non cedendola come nei processi di fusione che producono elementi più leggeri.
Per le supernove di tipo Ia il meccanismo è simile, ma si parte da nane bianche che, assorbendo materia da una compagna, raggiungono il limite di Chandrasekhar.
In quest’ultimo caso, però, la stella viene completamente distrutta.
Avrei una domanda.
Nelle supernove di tipo Ia, una delle due stelle è una nana bianca. Le nane bianche, se non sbaglio, sono nuclei di stelle che un tempo erano nebulose planetarie (M57, M27…..), giusto? Se è così chiedo: si ha conoscenza di coppie di stelle composte da una nana bianca e da una compagna (nove per esempio) in cui si nota la materia espulsa dalla nana bianca?
Se no, perchè?
Grazie
Sandro
caro Sandro,
normalmente la durata delle nebulose planetarie non è molto lunga. Tuttavia, penso che esistano alcuni casi… ma hanno un’importranza relativa, se non quella di fornire un po’ di materiale alla compagna che, al limite, velocizza la sua crescita… Si può comunque cercare…. Buona domanda! 😉