
La nebulosa di Orione, ben nota a tutti gli amanti del cielo e tra i bersagli privilegiati degli scatti fotografici degli astrofili, è attentamente studiata fin dal XVII secolo. Al di là della semplice motivazione estetica – la nebulosa rivela già con piccoli strumenti le meraviglie che racchiude – questa regione è da sempre tenuta d’occhio soprattutto dagli astrofisici che si occupano di formazione stellare. Nonostante questo interesse, però, la sua distanza è rimasta finora una grossa incognita.
All’inizio del secolo scorso le distanze proposte andavano da 180 parsec (ricordiamo che un parsec euivale a 3.26 anni luce) fino a 2000 parsec. Qualcosa è migliorato negli anni Trenta e Quaranta, ma la forbice delle distanze era ugualmente ampia, spaziando tra i 300 e i 540 parsec. Un’ulteriore riduzione a questo divario è stata apportata dagli studi compiuti nel dominio ottico e in quello infrarosso a partire dagli anni Sessanta, che hanno fissato la sua distanza tra i 347 e i 483 parsec. Ancora più recentemente (lo studio è stato pubblicato nell’aprile di quest’anno), valutando le soluzioni orbitali per una coppia di stelle appartenenti al Trapezio, si ottenevano due possibili distanze (387 e 434 parsec), ma i dati a disposizione non rendevano possibile decidere quale delle due fosse quella corretta.
Finalmente, però, sembra proprio che questa incertezza sia destinata a cedere il posto a una determinazione della distanza decisamente più accurata. In uno studio destinato alla pubblicazione su un prossimo numero di Astronomy and Astrophysics, infatti, quattro ricercatori del Max-Plank-Institut für Radioastronomie e dell’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics hanno utilizzato il VLBA per determinare la distanza della Nebulosa applicando il più classico dei metodi, quello della parallasse.
Gli astronomi K.M. Menten, M.J. Reid, J. Forbrich e A. Brunthaler hanno dunque puntato le antenne del VLBA su alcune stelle della Nebulosa che mostravano di possedere un’emissione radio di tipo non termico. Le osservazioni sono iniziate nel settembre 2005 e, come la tecnica della parallasse richiede, si sono svolte con intervalli di sei mesi, mettendo nuovamente nel mirino dei radiotelescopi le sorgenti nel marzo e nel settembre 2006 e nel marzo di quest’anno. L’analisi dei dati ottenuti ha così permesso al team di ottenere una distanza di 414 parsec con un’incertezza di solamente 7 parsec: di gran lunga la misura più accurata mai ottenuta finora per la Nebulosa di Orione.
Questa nuova misura, però, porta con sè un’importante conseguenza che i ricercatori non mancano di evidenziare. “La distanza che abbiamo ottenuto – si sottolinea nello studio – è circa il 10% inferiore alla distanza di 450 parsec finora ritenuta corretta. Poichè la luminosità è proporzionale al quadrato della distanza, la nostra stima implica che la luminosità delle stelle che appartengono alla Nebulosa di Orione sia stata sovrastimata di circa il 20%.”
Insomma, adesso conosciamo con maggiore precisione la distanza della Nebulosa di Orione, ma gli astrofisici dovranno rivedere un po’ le loro stime relative alla massa e all’età delle stelle che la popolano.
Fonte: Coelum
Inanzituuto un OTTIMO sito!!!Però io volevo chiedere una cosa che mi lascia in dubbio:come fanno a calcolare le distanze che separano la terra da un corpo celeste?Tipo una stella distante 7 anni luce?
Ciao Luca, per i corpi celesti più “vicini”, fino a circa 1000 anni luce, viene usata la tecnica della parallasse annua.
Faccio un esempio pratico che ti aiuterà a capire il concetto di parallasse. Prova tendere un braccio in avanti e a sollevare il dito indice. Osserva il dito prima con un solo occhio, e poi con l’altro. Noterai che, rispetto allo sfondo più distante, la posizione del dito risulterà diversa di un certo angolo, dovuto al diverso punto di osservazione che c’è tra un occhio e l’altro. Calcolando tale angolo e conoscendo la distanza tra i due occhi sarà possibile, attraverso un metodo chiamato triangolazione, calcolare la lunghezza del braccio.
Se portiamo questo esempio in un ambiente molto più vasto come lo spazio, dove le distanze si misurano in anni luce, dovremo disporre della massima distanza possibile tra un punto di osservazione e l’altro , per far sì che lo spostamento del corpo celeste rispetto allo sfondo sia misurabile. Con il metodo della parallasse annua osserviamo prima da un punto della nostra orbita e poi, 6 mesi dopo, dalla parte opposta, avendo così una distanza di circa 300 milioni di Km da un punto di osservazione all’altro.
Per distanze superiori ai 1000 anni luce (dove gli angoli sottesi dai corpi celesti sono talmente piccoli da non poter essere calcolati) si usano altre tecniche, a partire dalla parallasse spettroscopica fino ad arrivare alle lenti gravitazionali dei quasar
Mille grazie finalmente ho capito!!!Un saluto da Gandino BG a giusto volevo dire che ho 14 anni