Serendipity, l’arte della scoperta casuale!

Parola ostentata dagli anglosassoni che definisce la capacità di trovare qualcosa senza cercarla, di cogliere un’intuizione felice e casuale. Vediamola applicata in campo astronomico.


C’era una volta in una terra lontana… sì proprio così, il significato deriva da un vecchio libro di fiabe persiane del XV secolo, The Three Princes of Serendip, e questa bizzarra parola indica qualcosa che tutti abbiamo visto o sperimentato almeno una volta. La fortuna? Non solo. Aiuta, ma non basta. La serendipità pare abbia contribuito a scoperte scientifiche fondamentali e comunque non ha affatto un significato negativo e non sminuisce il valore della scoperta.

Newton e la mela

Newton e la famosa mela

I casi di serendipità in astronomia sono innumerevoli. Per citarne alcuni partiamo da Isaac Newton; la leggenda narra che se in un caldo pomeriggio del 1665 non avesse deciso, contro le sue abitudini, di bere il tè in giardino, probabilmente non avrebbe mai formulato la legge di gravità. Vide una mela che cadeva da un albero, non era la prima volta, ma quella mela in quel preciso istante gli fece scattare il così detto “clic” di una intuizione sepolta da anni di studi, ricerche e analisi.

Penzias e Wilson

Penzias e Wilson

In tempi più recenti, c’è pure chi ha preso il Nobel riparando un’antenna: due ricercatori dei Laboratori Bell, Penzias e Wilson, che negli anni ’60 del secolo passato studiavano la possibilità pratica di comunicare con satelliti mediante grandi antenne paraboliche. Erano preoccupati per la presenza di uno strano rumore di fondo che disturbava le trasmissioni e persisteva nonostante tutte le precauzioni ed alla fine si convinsero che proveniva dallo spazio senza avere la minima idea di cosa lo producesse. Si scoprì che si trattava della famosa radiazione cosmica di fondo, residuo “fossile” del Big Bang, affannosamente cercata dai cosmologi.

Pulsar Vela

pulsar Vela

Passiamo alle pulsar : un nome strano dato per indicare la conferma dell’esistenza di stelle particolari, dette di neutroni, originate, per dirla rapidamente, dal collasso di stelle massicce. Purtroppo la loro scoperta, anche se ricade sempre nella serendipità, non ha portato il Nobel alla giovane astronoma Jocelyn Bell, ma al suo relatore nel 1974. La storia è presto detta: alcuni astrofisici di Cambridge utilizzando un radiotelescopio costruito per studiare le radiosorgenti celesti ottennero dati che si sviluppavano su chilometri di carta millimetrata. Chi meglio di una donna poteva svolgere l’ingrato compito di analisi? La Bell, in quella montagna di carta, si accorse di una pulsazione ritmica di grande regolarità proveniente dalla zona di cielo fra le stelle Altair e Vega. Come i fantasmi, il segnale compariva intorno alla mezzanotte. Inizialmente venne chiamato LGM (Little Green Men) pensando che qualche civiltà extraterrestre stesse tentando di comunicare, ma presto si scoprirono altri segnali simili che fecero crollare l’ipotesi degli omini verdi. Dietro a LGM non c’era nessun ET, ma un oggetto stellare la cui natura andava studiata.

Ed ora a voi la scoperta degli altri casi di serendipity!

Informazioni su Gabriella Bernardi 75 Articoli
Laurea in Fisica e master in divulgazione scientifica, ha lavorato presso l’Alenia Spazio di Torino (missione Rosetta), passando poi a tempo pieno alla divulgazione scientifica, soprattutto nel campo astronomico. La sua attività principale è quella di giornalista freelance per riviste e periodici, anche on-line, che alterna con altre attività in campo divulgativo come la collaborazione alla realizzazione del Planetario e Museo dell’Astronomia e dello Spazio di Pino Torinese o l’attività di animatrice in piccoli planetari e mostre. Attualmente partecipa anche al programma di informatizzazione e digitalizzazione dell’archivio di lastre fotografiche dell’Osservatorio Astronomico di Torino. Recentemente le è stato assegnato il premio giornalistico per la divulgazione scientifica “Voltolino”.

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1 Commento

  1. Vorrei esagerare!
    Galileo col suo cannocchiale cercava una prova per suffragare il sistema Eliocentrico. Tranne che le fasi di Venere (ammesso e non concesso che il suo cannocchiale gliele potesse mostrare realmente, e che in ogni caso potevano essere giustificate col Sistema Tychonico), Galileo questa prova non l’ha mai trovata.
    Ma tutto il resto…!!! 😉 😉 😉
    Maurizio Caselli