Addio Ugo. I tuoi racconti continueranno a vivere nei nostri cuori.
dedicato a Cristina

Grande entusiasmo tra i bambini dell’unica scuola elementare del piccolo centro. Quella mattina gli astrofili del capoluogo erano andati a far visita e a parlare delle bellezze del cielo. Avevano portato tante diapositive degli oggetti che si trovano nel firmamento, e le avevano mostrate a tutte le classi riunite in una grande aula, spiegando moltissime cose. Bellissime foto. Bellissimi i soggetti. Bellissime le storie legate ad ogni oggetto.
I piccoli di quarta e quinta, all’uscita, custodivano gelosamente un foglietto, sul quale era disegnato il cielo visibile in quel periodo. Gli astrofili sarebbero tornati la settimana seguente. I “grandicelli” che lo desideravano potevano raccontare le loro impressioni sulle osservazioni effettuate. Gli autori degli scritti più belli, sarebbero stati premiati con uno splendido astrolabio, utile per imparare a conoscere il cielo.
Chiara, naturalmente, non si tirò indietro. Appena a casa spiegò ai genitori l’avvenimento ed il suo proposito di partecipare alla gara. Il papà si mostrò entusiasta e le promise il suo aiuto. Sempre così in quella casa, o forse in tutte. Quando viene proposto qualcosa di strampalato il padre è sempre molto favorevole. “Porta pure i tuoi compagni, domani sera andiamo tutti al sasso” disse.
E fu così che, la sera seguente, Chiara ed alcuni compagni, andarono verso la periferia. Naturalmente Nestin, suo padre, faceva parte del gruppo. Tutti erano armati di giacche a vento, maglioni, cappelli e scarpe pesanti. Altri ragazzi si unirono durante il breve tragitto: lo schiamazzo del gruppo non passava certo inosservato. Raggiunsero il posto di osservazione, una piccola collinetta che sovrasta la valle.
Era buio, alcune pile uscirono dalle tasche, mentre il padre di Chiara si avvicinò lentamente ad un grosso sasso, da tempo immemorabile utilizzato come sedia a sdraio. Era tanto che non godeva del calore che il sasso restituiva durante la notte. Scacciò dalla mente tanti pensieri e si stese. La sua schiena ricordò ogni piccola sporgenza, ogni avvallamento…
I piccoli stavano ancora giocando con le luci delle pile quando Nestin chiese l’ora. Un coro di ore diverse fece capire che erano circa le 22. L’ampia discussione che seguì sull’ora esatta, venne drasticamente interrotta dalla sua voce: “Stendetevi, spegnete le pile ed osservate il cielo in silenzio, per cinque minuti. Via!”.
Il cielo era un grande foglio di carta blu, costellato di piccoli fori fatti a caso con un ago. I ragazzi erano stesi sull’erba appena tagliata, nessuno osò disturbare il silenzio di quei minuti, osservavano qualcosa che forse non avevano mai visto con la necessaria attenzione. Il tuffo nel firmamento fu certamente una esperienza affascinante. L’assoluto silenzio, durato molto più a lungo del previsto, permise loro di viaggiare con la fantasia tra le centinaia di stelle. Forse per la prima volta capirono che anche loro facevano parte di quel mondo.
Fu Nestin a rompere il silenzio, facendo ritornare sulla Terra i piccoli osservatori di stelle. E cominciò a parlare indicandone alcune particolarmente luminose. Vega, Deneb e Altair formavano il triangolo estivo, il prolungamento del timone del carro con Arturo, e Spica che era vicina all’orizzonte. E l’allineamento per trovare la Polare. Le costellazioni e i miti. Chiara era orgogliosa. Non immaginava che suo padre conoscesse tutte queste cose.
La voce di Nestin era sicura di se, forse più dolce del solito. Forse un po’ di commozione aveva coinvolto anche lui. Il suo dito indicava con sicurezza le stelle delle quali parlava. Era veramente bravo. I suoi discorsi erano chiari, compresi da tutti, nulla restava senza risposta. Eppure le domande erano tante. A fine serata erano tutti felici e soddisfatti.
“Bene ragazzi” disse Nestin “io sono sempre disponibile per questi incontri, se volete, anche domani sera”. Un coro di commenti favorevoli lo tranquillizzò, erano tutti d’accordo. Tornando a casa, il padre di Chiara, fantasticava. “Si potrebbe formare un nuovo gruppo di astrofili, qui in paese, questi ragazzi mi sembrano entusiasti, se riesco a guidarli, probabilmente saranno presto in grado di camminare da soli. Anche noi, quando avevamo il nostro gruppo, siamo andati avanti bene, abbiamo fatto grandi cose, per molto tempo. Quante notti ho trascorso steso su quel sasso! Mai avrei sperato di tornarci, per osservare il cielo”.
E non poté fare a meno di pensare al giorno lontano dell’incidente. Il triste giorno, che aveva troncato i suoi progetti. L’esplosione che, in un attimo, gli aveva distrutto gli occhi. I mesi trascorsi tra speranze e delusioni. E la temuta conclusione. Cecità totale.
Con un mesto sorriso si consolò pensando all’inquinamento luminoso.
Il suo cielo non ha questo problema. E’ il cielo nero e scintillante della sua gioventù. Nessuno potrà mai scalfirlo.
Un saluto ai ragazzi: “Ci vediamo domani, alla stessa ora”. Anche Nestin e Chiara tornarono a casa. Felici.
Questo racconto l’ho dedicato a Cristina. Spero che mi legga…
L’ho aggiunto ora all’inizio 😉
Si, Stefano, grazie. Cristina mi ricordava suo padre. Che da bimba, a passeggio nel bosco, le parlava di elfi e di gnomi. Suo padre, che pur avendo perduto il dono della vista, riusciva a vedere ed a parlare di cose che tanti, forse, non riescono neppure ad immaginare. La fantasia è il dono più bello degli esseri umani. Lasciamo che i bimbi ne godano finchè possono. Troppo presto saremo costretti a tarpare loro le ali…