Le sonde Pioneer 10 e 11

Con questo articolo inizio una serie dedicata alle sonde interplanetarie (alcune lanciate negli anni passati ed alcune che spiccheranno il volo nei prossimi anni), per analizzarne il percorso in mezzo ai pianeti e studiarne gli eventi principali. Iniziamo dai pionieri!


Il lancio della Pioneer 10

Lancio Pioneer 10

Si tratta di una coppia di sonde, lanciate dalla NASA un bel po’ di anni fa, rispettivamente nel marzo del 1972 ed in aprile 1973 (foto 1 e 2), il cui nome rappresenta bene il compito “pionieristico” di saggiare nuovi percorsi e strategie di rotta: percorso che sarebbe poi stato utilizzato da altre colleghe di viaggio. Specie la seconda delle due (la Pioneer 11) è stata una delle prime a poter sfruttare il Gravity Assist come ausilio alla propulsione della sonda stessa nello spazio. Rimandando all’articolo sul Gravity Assist ed al primo articolo sulla sonda New Horizons per altri dettagli, vediamo dunque lo scopo che si prefiggevano i tecnici della NASA per queste due sonde, quali sono stati gli eventi caratteristici del loro viaggio, i risultati ottenuti e le previsioni per i prossimi anni e per il futuro.

Analisi della traiettoria delle sonde

Siamo nel 1972, la Luna era stata conquistata da appena tre anni e la sua esplorazione continuava grazie alle missioni Apollo. Ancora nessuna sonda si era spinta più in là di Marte e c’era la grossissima incognita dell’attraversamento della Fascia degli asteroidi, prima di arrivare dalle parti di Giove. Ecco quindi la scelta di inviare due pionieri, facendoli partire a distanza di un anno l’uno dall’altro: lanciata nel marzo 1972, nel luglio successivo la “10” iniziava per la prima volta il passaggio attraverso la fascia, che secondo i film di fantascienza contiene miliardi di oggetti, rocce, pianetini uno attaccato all’altro, degno banco di prova per piloti spaziali esperti e non. La realtà invece è ben differente: lo spazio sconfinato contiene sì molti asteroidi, ma posti a debita distanza l’uno dall’altro. Nel corso dell’attraversamento di questa famosa e famigerata zona, in realtà la “10” (e poi la “11”) si è trovata come ad attraversare un immenso oceano costellato da piccole isolette, ma lontanissime una dall’altra.

Mentre la “10” combatteva strenuamente contro i mulini a vento, ecco che anche la “11” faceva capolino nello spazio infinito, per iniziare il suo viaggio ben più ricco di aspettative, come vedremo fra breve. Dato che le sonde erano assolutamente uguali, vediamone per mezzo di un unico disegno (a fianco) la forma e le parti costituenti.

Arriviamo dunque a dicembre del 1973 (appena un anno e mezzo dopo il lancio) ed ecco che la “10” si trova nei pressi del pianeta gigante Giove: l’incontro avverrà in pochissimi giorni e la sonda verrà deviata dall’attrazione gravitazionale del pianeta per percorrere poi una traiettoria ancora più solitaria e remota.

Era la prima volta che una sonda spaziale aveva la possibilità di fotografare da vicino Giove (foto 1 e 2), nella prima delle quali appariva per la prima volta un primo piano della famosissima Macchia Rossa, mentre nella seconda si vede Giove da un punto di vista alquanto inconsueto. Di tutta la corte di satelliti la sonda ha immortalato Europa (foto) e Ganimede (foto) da grande distanza. No! Non brontolate per la qualità bassina di queste foto! Da allora sono passati quasi quarant’anni! La tecnologia ci ha abituato a foto che dire spettacolari è poco, mentre allora la tecnologia era appena agli inizi.

Passa il tempo ed un anno dopo, con la “10” ormai alla deriva, ecco che giunge nei pressi del pianeta $gigante$ anche la “11”: a seguito dell’incontro ravvicinato è stata scagliata con forza (come un sasso!) in un’orbita parabolica al di sopra dell’eclittica, per farla arrivare dopo qualche anno alla sua seconda ed ultima meta. Nelle foto seguenti (1 e 2) ecco dunque la traiettoria alquanto strana della sonda prima e dopo l’incontro: anche la “11” ha immortalato Giove (notare l’ombra di un satellite sulla coltre delle nubi). Data la sua orbita quasi polare, la sonda ha avuto l’opportunità di osservare il pianeta da un punto di vista inusuale (foto) fatto che si è potuto ripetere solamente grazie alla sonda Galileo moltissimi anni dopo.

Passano altri 5 anni ed in quel lasso di tempo la “10” si allontana sempre più oltrepassando l’orbita di Saturno e l’orbita di Urano. Nel frattempo la NASA ha lanciato l’altra coppia di sonde spaziali (le Voyager I e II) che già raggiungono Giove. Il 2 settembre 1979 (30 anni fa!!) la “11” abbatte un altro record: ha per la prima volta un incontro ravvicinato con il pianeta Saturno, che immortala con foto eccezionali (a fianco).

Anche a seguito di questo incontro la sonda viene deviata dal pianeta inanellato in un’orbita che solo apparentemente la porterà “vicina” ad Urano e poi a Nettuno, dato che si troverà ben al disopra dell’eclittica.

Nel prossimo appuntamento vedremo quanto descritto finora (grazie a foto di archivio della NASA) attraverso il nostro simulatore 3D!

Viaggiatori nell’infinito

Una volta scagliati con forza dall’attrazione gravitazionale verso l’infinito, le due sonde a tutt’oggi sono ben al di fuori del sistema solare: ma già nell’88 (più di venti anni fa!!) e nel 90 (l’anno delle famose “notti magiche!) avevano già oltrepassato quelle che allora erano le Colonne d’Ercole del Sistema Solare conosciuto, i limiti estremi di una zona dello spazio infinitamente lontana e ignota. Poi c’è da dire che la “11” nel settembre 1995 ha lanciato l’ultimo segnale ai suoi creatori prima di, si suppone, disattivarsi. Non ha caso ho usato il termine “creatori”: ricordate il primo film della saga di Star Trek dove si parlava di “V’ger” il pianeta-macchina? Esso cercava appunto il proprio creatore con cui fondersi in un contatto che avrebbe aggiunto conoscenza sensoriale a quella maturata in milioni di anni…

Ma torniamo alla realtà: la sonda “10” invece è stata la più longeva e l’ultimo saluto l’ha lanciato a gennaio del 2003, ben trent’anni dopo il lancio!! Ma qual é il destino di queste due sonde nei prossimi anni? (ndr: E vedremo che “prossimi” è un termine privo di senso!)

Proprio per il fatto che sarebbero state le prime due sonde ad abbandonare il nostro sistema planetario i progettisti della NASA, sotto la guida del famosissimo Carl Sagan, hanno realizzato e imbullonato in ognuna delle due sonde una piastra metallica (a fianco) con incisa una serie di figure e simboli decisamente criptici, che potrebbero servire, in un lontanissimo futuro, ad eventuali razze aliene (decisamente molto intelligenti!) per capire da dove e da quando proveniva quel manufatto.

Parliamone! Analizzando la figura, al di là di due figure, un maschio e una femmina (disegnate dalla moglie di Sagan), che all’epoca hanno pure destato il loro scalpore (ndr: indovinate perché…) e che a noi sono perfettamente riconoscibili, in paragone con la silhouette della sonda ad indicare le proporzioni reciproche, viceversa tutti quegli altri disegni sono decisamente ostici da capire.
Per individuare la collocazione spazio-temporale del lancio delle sonde, basta capire che quella specie di stella a sinistra rappresenta la posizione e la distanza di altrettante pulsar!

L’idea originaria è che l’unico posto dello spazio e l’unico istante di tempo in cui da questo posto le pulsar erano visibili in quella direzione ed a quella distanza, era proprio l’anno 1972: il significato di questo va ricercato nel fatto che semmai un giorno una delle due sonde sarà intercettata da intelligenze (e sottolineo ancora intelligenze!) aliene, molto probabilmente questo fatto straordinario potrebbe accadere non prima di un milione d’anni! Come far capire ad altre entità l’anno di creazione dell’oggetto? Grazie alle pulsar! (ndr: consentitemi il beneficio del dubbio!)

Ed ora la meta finale…

La sonda “10” si sta dirigendo imperturbabile verso la costellazione del Toro, in una rotta che la porterà, dicono, dalle parti di Aldebaran, che raggiungerà tra appena 1 milione e 700 mila anni…
Segnatevelo sul calendario!

La “11” non è da meno! Si sta dirigendo verso alcune stelle della costellazione dll’Aquila, che raggiungerà non prima di 4 milioni di anni!!! Inimmaginabile! E pensate a quale bassissima probabilità avranno dunque le sonde di incontrare, non dico razze aliene, ma semplicemente roccette vaganti e altri oggetti: lo spazio è veramente immenso e vuoto!

Informazioni su Pierluigi Panunzi 536 Articoli
Classe 1955, sono nato e vivo a Roma, laureato in Ingegneria Elettronica, in pensione dopo aver lavorato per anni nel campo del software, ma avrei voluto laurearmi in Astronomia. Coltivo la passione per l’astronomia dal giorno successivo allo sbarco dell’uomo sulla Luna, maturando un interesse sempre crescente per la Meccanica Celeste, il moto dei pianeti, la Luna e i satelliti. Da molti anni sono divulgatore scientifico e in passato ho presieduto a serate astronomiche organizzate a Roma e paesi vicini. Da parecchi anni mi sto perfezionando nell’astrofotografia grazie all’auto-regalo di varie apparecchiature digitali

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9 Commenti

  1. un articolo molto interessante..però bisogna essere davvero intelligenti per capire quei simboli accanto alle due figure umane…senza dire che sicuramente le altre civiltà che popolano l’universo hanno linguaggi sicuramente diversi dai nostri..comunque quelle sonde sono davvero delle pioniere grazie a quelle fantastiche foto 🙂

  2. Molto interessante. L’ultimo segnale che è arrivato nel 2003, consisteva in… cosa? Dati raccolti o solo un segnale di posizione o roba del genere? E ancora: le sonde si sono disattivate perché è finito il ‘combustibile’, giusto?
    Ricordo bene quel film di Star Trek, e le “unità carbonio”… per questo domando: in realtà non potrebbero (nè Voyager nè Pioneer) accumulare alcun dato se non funziona più niente, ora non fanno altro che vagare in attesa che qualcuno le intercetti, o che si spiaccichino su qualche asteriode. In pratica: missione conclusa!

  3. @Baol
    Non ti so rispondere esattamente: posso solo immaginare che le tutte le sonde ad intervalli regolari inviano messaggi (spontanei oppure come risposte a certi comandi).
    Tra i messaggi più semplici c’è quello che in gergo si chiama “keep alive” (come nel caso di PC connessi in rete) che è un messaggio di “esistenza in vita”, che serve a dire “io ci sono”, “esisto”.
    Ecco che la mancanza di un certo numero di questi messaggi può far decretare la fine delle comunicazioni, però dopo un certo numero di tentativi da parte dei “creatori”: il problema è la distanza ed il tempo lunghissimo richiesto ai segnali a giungere a destinatario ed anche la potenza del segnale, veramente bassissima.
    A occhio potrebbe essere stato un messaggio contenente comunque la posizione della sonda…
    Il triste futuro delle due sonde (ma anche di altre che vedremo) è di incontrare un oggetto contro il quale spiaccicarsi… Però lo spazio è sconfinato e la probabilità di impattare un altro oggetto è veramente bassissima!
    Missione conclusa comunque! 😉

  4. Bravo Pierlu!! Articolo bellissimo. Come sempre sai regalarci tante emozioni, insieme alla scienza.
    Grande idea di iniziare questa serie di articoli sulle sonde. Spesso le penso (le sonde, intendo) e mi chiedono cosa stiano facendo…Ero troppo piccola al momento del lancio delle Pioneer, ma ricordo invece i lanci delle Voyager. Tutti ne parlavano. Come del resto tutti parlavano dei lanci degli Shuttle. Adesso mi sembra che la gente dia l’esplorazione spaziale un po’ troppo per scontato. I media dovrebbero dare più spazio a queste notizie, invece di bombardarci solo con tragedie, politica e pettegolezzi…
    Ciao a tutti!

  5. Grazie Pier.
    Ah: quando parli dell’esplorazione di Venere mi raccomando, chiedi una consulenza alla first lady giapponese: lei c’é stata! 😆

  6. Potrebbe intercettarla una specie aliena intelligente poi inviarci un segnale elettromagnetico (sempre che comunichino in quel modo) ,ma sarà molto difficile per loro capire con abbastanza precisione la provenienza, a meno che non siano molto molto evoluti, e ci passerà molto molto tempo. 🙄

  7. complimenti, un articolo interessantissimo!Secondo me da mettere in evidenza in una sezione a parte!
    saluti

  8. Complimenti per l’articolo, era un po’ che cercavo qualche notizia comprensibile ma dettagliata su queste sonde…ed eccole qui! Anche a me interessava qualcosa di più su quegli “ack” inviati “recentemente” dalle sonde…chissà come stanno! 🙂 ancora grazie per il vostro instancabile lavoro. Non vedo l’ora di leggere l’articolo sul simulatore 3D!